Neonati: gli incredibili effetti dell’acqua

Neonati: gli incredibili effetti dell’acqua

I neonati provengono da un ambiente che si potrebbe definire acquatico e questa impronta sensoriale rimane solida per i primi mesi nella loro percezione. L’acquaticità offre gradi vantaggi per lo sviluppo

Spesso i bambini in età scolare hanno paura dell’acqua e di affrontare mere e piscina, ma se si comincia sin dai primi mesi a farli familiarizzare con questo mezzo è tutto più facile e naturale: le paure scompaiono e, con esse, i rischi di annegamento, anche in età adulta.

Per i bambini che hanno frequentato corsi in piscina fra 1 e 4 anni il rischio scende dell’88%: questo in base ad uno studio recente; mentre in base ad un’indagine analoga svoltasi in Cina, si parlerebbe solo del 40%; in ogni caso sono dati confortanti

I corsi di solito partono dai 4 mesi e vanno avanti fino ai 3 anni per insegnare tecniche natatorie e per aiutare i genitori a sviluppare un rapporto fisico coi figli in questo mezzo, ma anche fuori, con attrezzi galleggianti, ma anche soltanto stando insieme in vasca.

Tra i vari stimoli motori, il cross patterning laterale, per costruire legami neuronali legati al coordinamento, che aiutano nella lettura, nel linguaggio e nella consapevolezza spaziale.

Secondo uno studio della Griffith university australiana i bambini fra i 3 e i 5 anni che hanno fatto corsi in acqua hanno uno sviluppo verbale anticipato di 11 mesi rispetto ai coetanei, 17 per la memoria e 20 per l’orientamento spaziale.

Inoltre i bambini che hanno seguito i corsi, con o senza genitori, hanno meno difficoltà ad adattarsi a nuovi ambienti e situazioni, imparando a interagire meglio con oggetti sconosciuti o la cui forma appaia poco correlata con la funzione.

Fonti

“The Early Years Swimming Project”

Association between swimming lessons and drowning in childhood: a case-control study

Children’s Health Team. (2017). Kids can drown even after leaving the pool: Here’s how to avoid it.

Delayed symptoms of drowning: Know the signs. (2015).

Università dell’acqua

Bambini ed emicrania: il ruolo dell’alimentazione

Bambini ed emicrania: il ruolo dell’alimentazione

Dagli studi risulta che il 10% dei bambini anche in età prescolare soffre di frequenti problemi di emicrania, spesso molto grave, vista la giovane età.

Tra le cause più importanti quelle di origine alimentare, come hanno stabilito i ricercatori dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù con uno studio del Dipartimento di Neuroscienze, pubblicando i risultati sulla rivista Nutritens.

I casi di emicrania nei bambini nel 5% dei casi rischiano di diventare cronici e impattare sulle attività sportive ludiche e scolastiche. In molti casi può avere un’origine genetica, con cause scatenanti che possono influenzare intensità e frequenza, come lo stress e la depressione.

Spesso si tratta di situazioni tese di origine familiare che portano all’ansia nei più piccoli e per alcuni alimenti, on-line si trovano falsi miti come quelli sui dolcificanti artificiali, il glutine, il glutammato di sodio, oltre che cioccolato e nitriti presenti negli insaccati.

Dallo studio non risulta esserci una correlazione diretta con questi alimenti, anche per dosaggi relativamente elevati e per i dolcificanti non ci sono dati. Alcune informazioni sono state correlate con caffeina e alcool, ma queste sostanze non sono presenti in quantità apprezzabili nella dieta di un pubblico di età pediatrica.

Bisogna considerare però che alcune componenti analoghe e in particolare tracce di caffeina sono presenti in molte bevande gassate, m non è il caso di rimuovere tout-court un alimento se prima non è stato fatto uno studio di correlazione.

Tra i test da effettuare ci sono le intolleranze per glutine, nichel, pomodoro, nocciole, arachidi, lattosio ed altri allergeni noti e che spesso sono parte degli alimenti sospetti, presenti anche in tracce, ma che per organismi sensibili come quelli dei bambini possono farsi sentire.

Inoltre l’obesità sembra essere un elemento molto influente. Nel 65% dei bambini e sovrappeso causa spesso attacchi di emicrania. In molti casi poi si provvede a utilizzare rimedi nutraceutici a base di magnesio o partenio, ma non ci sono evidenze scientifiche sull’effettivo funzionamento per i pazienti più piccoli.

In ogni caso bisogna valutare insieme al pediatra eventuali rischi di interazione con altri fattori, che potrebbero aggravare la situazione invece che migliorarla.

Fonti:

Truths and Myths in Pediatric Migraine and Nutrition

Bambini ed emicrania: non esistono cibi vietati, neanche il cioccolato. Ma attenzione al sovrappeso.

Il bambino con cefalea acuta: istruzioni per l’uso

Il latte materno è come un vaccino

Il latte materno è come un vaccino

L’analisi di innumerevoli casi, nel corso degli ultimi due anni segnati dalla pandemia da Covid 19, ha dimostrato che il virus non si trasmette dalle madri positive ai neonati.

I bambini hanno, dunque, delle difese immunitarie che li proteggono dal contagio. Ma quale meccanismo si innesca perché tali difese si attivino?

La risposta a questo interrogativo potrebbe essere emersa da una recentissima ricerca dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, condotta in collaborazione con il Politecnico Umberto I, i cui risultati, pubblicati sulla rivista scientifica JAMA Network Open, evidenziano il ruolo cruciale del latte materno nella formazione delle difese immunitarie dei bambini contro il Covid.

Lo studio ha esaminato 28 neomamme, non vaccinate e positive al Coronavirus, nel periodo in cui si avvicinavano al parto, e i loro bambini nati tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021.

Attraverso la placenta, le madri trasferiscono ai neonati i propri anticorpi di tipo IgG (le cosiddette immunoglobuline), sviluppatisi a seguito di proprie infezioni o precedenti vaccinazioni.

Tramite il latte materno, la madre trasferisce anche gli anticorpi IgA, noti anche come mucosali (perché si formano nelle mucose materne) e proteggono il neonato da raffreddore e influenza.

La ricerca del Bambin Gesù si è basata sull’esame della presenza di anticorpi IgG e IgA contro il Covid19 nel sangue e nel latte delle madri e nel sangue e nella saliva dei loro bambini. Gli esami sono iniziati a solo due giorni da parto e sono continuati per due mesi.

Si è scoperto che le immunoglobuline, a due giorni dal parto, erano presenti nel latte materno, ma non nel sangue delle madri, a riprova del fatto che la reazione delle mucose è immediata e veloce a differenza della risposta sistemica del corpo umano.

Nel sangue dei neonati gli anticorpi contro il SARS COV 2 non sono stati rilevati né nei due giorni successivi al parto, né dopo i due mesi. Essendone, infatti, priva al momento del parto, la madre non poteva trasmetterle al bambino tramite la placenta.

Sorprendentemente, nella saliva dei neonati, invece, gli anticorpi contro il covid sono stati rilevati sia dopo 48 ore, sia dopo due mesi dal parto.

La dottoressa Rita Carsetti, responsabile di Diagnostica di Immunologia al Bambino Gesù, spiega che le immunoglobuline delle madri infettate, combinate con la proteina “Spike” del virus, costituiscono un “immuno-complesso”, una particolare molecola che si trasferisce ai bambini con il latte materno stimolando la produzione di anticorpi contro il covid.

È come se il latte materno avesse svolto nei confronti dei bambini appena nati la funzione di un vaccino naturale, aiutandoli a produrre in modo autonomo le proprie difese immunitarie, oltre che a proteggerli passivamente dal contagio.

Fonti:

BAMBINO GESU’: Comunicato stampa del 5/11/2021

Il latte materno stimola le difese anti Covid-19 dei neonati

I neonati possono essere anemici?

I neonati possono essere anemici?

Sono sempre più numerosi i neonati che soffrono di anemia, una patologia che causa un forte pallore della pelle e delle mucose, stanchezza e fragilità. Nonostante possa suscitare molte perplessità e qualche paura nei genitori, non è il caso di allarmarsi. Basta seguire le indicazioni del proprio pediatra per risolvere al più presto la situazione senza nessuna conseguenza.

Si parla di anemia nel neonato quando il livello di emoglobina del bambino è basso. Durante la gravidanza, il piccolo accumula un discreto quantitativo di riserve di ferro. Dopo il parto, queste riserve tendono a diminuire fino a esaurirsi completamente entro i 6 mesi di vita, soprattutto se il neonato è allattato esclusivamente al seno.

Se l’alimentazione non compensa questa improvvisa carenza, il rischio è che il neonato diventi anemico. Il latte materno infatti da solo non riesce a coprire il fabbisogno nutrizionale del piccolo e il rischio è quello di andare incontro a eventuali carenze.

Non sottovalutiamo il ruolo del latte vaccino nel periodo successivo ai 12 mesi, quando cioè prosegue la fase dello svezzamento. Questo alimento non solo è povero di ferro ma di fatto ne ostacola l’assorbimento.

A volte invece si registra la presenza di anemie emorragiche, dovute al passaggio anomalo di sangue tra la madre e il feto, oppure questa patologia può essere causata da alcuni farmaci assunti dalla madre o da una dieta non equilibrata e carente in acido folico e ferro.

I sintomi nel neonato sono molto specifici. Il piccolo appare pallido, privo di energia e stanco, è soggetto a frequenti infezioni soprattutto respiratorie, ha poco appetito e l’accrescimento è scarso.

In presenza di queste segnali è necessario consultare il pediatra di fiducia che valuterà con calma i sintomi, la storia clinica del neonato e prescriverà una serie di semplici esami come la sideremia, l’emocromo e la ferritinemia. Queste analisi sono necessarie per verificare gli effettivi livelli di ferro nel sangue e la quantità di globuli rossi.

Cosa succede se il piccolo dovesse risultare effettivamente anemico? In questo caso il pediatra presterà particolare attenzione all’alimentazione, prescrivendo l’utilizzo di un latte di crescita in sostituzione del vaccino se il bambino non è allattato al seno o, se il bimbo è nella fase dello svezzamento, incoraggerà i genitori a fornire al piccolo, attraverso il cibo, i nutrienti che gli occorrono per stare bene.

Se questi accorgimenti dietetici non dovessero bastare, il pediatra può valutare l’inserimento di un integratore di ferro in fiale e gocce. Basta seguire queste semplici ma efficaci indicazioni per risolvere nel giro di pochi mesi l’anemia del neonato.

Fonti

Pathophysiology of Anemia During the Neonatal Period, Including Anemia of Prematurity

Diagnosis and prevention of iron deficiency and iron-deficiency anemia in infants and young children (0–3 years of age)

Intrattenere un neonato giocando

Intrattenere un neonato giocando

Gioco e neonato sembrano due concetti antitetici perché siamo convinti che il bimbo sia troppo piccolo per sperimentare un’attività ludica finalizzata all’apprendimento.

In realtà le cose non stanno così: la mente e il corpo del bambino si stanno sviluppando velocemente e in modo sorprendente. Durante il primo mese di vita il piccolo apprende e impara grazie all’interazione con i genitori. Ma come si fa a giocare con un neonato?

Durante il primo mese di vita, la pancia di mamma e papà è più interessante e stimolante di un parco giochi. Gli esperti consigliano infatti di mettere il bambino sulla pancia, quando è sveglio, più volte al giorno. Il focus di questa coccola-esercizio è aiutarlo a sviluppare le prime capacità motorie che coinvolgono anche la testa.

E se il bimbo non ama questa posizione? L’alternativa è sdraiarlo accanto a voi su un pavimento, incoraggiandolo a sollevare la testa con l’ausilio di un asciugamano morbido da mettere sotto il suo corpo per agevolarne i movimenti.

Il bambino alla nascita è dotato di alcuni riflessi involontari che gli garantiscono senza dubbio la sopravvivenza ma non dobbiamo sottovalutare la loro importanza in termini di interazione con il mondo esterno.

Se proviamo a toccargli una guancia appena nato, il piccolo si girerà istintivamente verso quel lato, pronto a nutrirsi: è un semplice riflesso, chiamato di radicazione. Se invece stimoliamo il piccolo con il gioco, nel giro di 3/4 settimane, inizierà a girarsi non per un semplice riflesso ma perché avrà imparato che in quella direzione trova del cibo. È una piccola conquista a metà strada tra l’orientamento temporale e la consapevolezza.

Non sottovalutiamo l’importanza del linguaggio, anche se ci può sembrare prematuro nei primi mesi di vita. In realtà i piccoli iniziano a collegare il suono della voce al volto ed è proprio quel suono che li spinge a essere più attivi e vigili. Non ha importanza quello che diciamo ma il modo.

Parliamo di qualsiasi cosa ma cerchiamo di intrattenerlo il più possibile con la nostra voce: il piccolo ascolta, collega e impara. Sotto questa ottica anche cantare diventa uno strumento indispensabile perché crea un apprendimento rapido e piacevole. Il bambino, grazie a questi piccoli gesti, impara a sua volta a comunicare.

Nei primi mesi di vita è necessario fornire al neonato una stimolazione che passa attraverso l’utilizzo di piccoli sonagli, giocattoli musicali o tramite la lettura di un libro colorato, uno strumento ideale per continuare a far sentire la nostra voce al bambino, modulando anche il tono e l’intensità.

Fonti

Learning, Play, and Your Newborn

Am I Doing Enough With My Newborn?