Gli sbalzi d’umore durante la gravidanza sono causati da una varietà di fattori, tra cui le variazioni ormonali, i disagi fisici e le normalissime preoccupazioni per l’imminente cambiamento di vita dovuto all’arrivo del bambino.
Durante la gestazione gli ormoni, in particolare estrogeno e progesterone, cambiano, infatti, molto rapidamente: basti pensare che durante le prime 12 settimane di gravidanza aumentano di oltre 100 volte. L’estrogeno è associato alla serotonina, il cosiddetto ormone della felicità: squilibri e fluttuazioni in questo neurotrasmettitore possono causare un notevole squilibrio emotivo.
Il modo esatto in cui gli estrogeni e la serotonina interagiscono tra loro non è ancora completamente noto. Ciò che sembra essere evidente è che i cambiamenti nei livelli di estrogeni causano ansia e irritabilità.
Anche il progesterone aumenta rapidamente durante la gravidanza, soprattutto durante i primi tre mesi. Mentre l’estrogeno è solitamente associato all’energia, il progesterone è associato al rilassamento. In effetti, il progesterone durante la gravidanza fa rilassare i muscoli per prevenire contrazioni premature dell’utero. In alcune donne, l’eccessivo rilassamento si traduce in stanchezza e persino tristezza.
I disagi fisici della gravidanza possono causare un profondo disagio emotivo. È il caso della nausea mattutina che scatena l’incertezza e l’ansia delle gestanti. Lo stress di sentirsi praticamente ostaggio della possibile nausea può essere molto intenso influendo negativamente sull’umore.
L’affaticamento del primotrimestre o la privazione del sonno in tarda gravidanza possono incrementare ulteriormente la volubilità della gestante.
Durante il secondo trimestre in cui l’aumento degli ormoni rallenta, la maggior parte delle donne si sente più energica e non ha più la nausea mattutina, o almeno non in forma grave. A scatenare gli sbalzi d’umore in questa fase sono i cambiamenti fisici: il corpo della donna comincia a cambiare forma e molte non vivono le modifiche con serenità.
Anche i test prenatali durante il secondo trimestre possono causare stress emotivo. L’amniocentesi, quando raccomandata, viene solitamente eseguita all’inizio del secondo trimestre. Decidere se sottoporsi o meno ai test prenatali e l’ansia per i risultati possono causare stress emotivo e conseguente umore instabile.
Cambi improvvisi di umore possono costituire un segnale di gravidanza in atto anche se, in effetti, molte donne sperimentano sbalzi simili prima dell’arrivo del ciclo: se si sospetta di essere incinta, un test servirà a sciogliere tutti i dubbi.
Durante la gravidanza, si verifica un aumento naturale dei tassi di colesterolo nel sangue delle madri. Il colesterolo è, infatti, indispensabile allo sviluppo cerebrale del feto e, inoltre, riveste un ruolo fondamentale nella produzione degli ormoni steroidei, estrogeni e progesterone, che svolgono un ruolo chiave per il buon esito della gestazione.
I livelli di colesterolo cominciano a aumentare nel secondo trimestre di gravidanza, raggiungono un picco durante il terzo e in genere tornano alla normalità circa quattro settimane dopo il parto.
Nella maggior parte dei casi, il colesterolo alto nelle donne in gravidanza non viene trattato, a meno che non vi siano elevate probabilità di rischio cardiovascolare. Il colesterolo alto durante la gravidanza può aggravare l’ipertensione indotta dalla gravidanza stessa, minacciando la vita sia della madre che del bambino. Anche il colesterolo basso può avere conseguenze negative (travaglio anticipato, bambino sottopeso al momento del parto).
L’uso delle statine, prescritte in condizioni normali per abbassare i livelli di colesterolo, è sconsigliato in gravidanza. Per tenere sotto controllo il colesterolo durante la gravidanza è necessario ricorrere a metodi naturali: seguire una dieta equilibrata con frutta, verdura e fibre; evitare i grassi saturi; fare esercizio fisico.
Uno studio pubblicato di recente sull’European Journal of Preventive Cardiology ha individuato una correlazione diretta tra il colesterolo alto delle madri in gravidanza e possibili patologie cardiache dei figli. La ricerca, guidata dal professor Cacciatore dell’Università di Napoli Federico II, ha, però, una portata limitata per la scarsità dei dati a disposizione.
Il colesterolo, infatti, non viene monitorato costantemente nella routine di controlli a cui vengono sottoposte le donne incinte. Di conseguenza mancano informazioni relative alla correlazione con la salute dei figli.
Se confermata, l’ipotesi suggerita dalla ricerca del prof. Cacciatore, potrebbe avere implicazioni importanti a livello preventivo. L’aumento del colesterolo costituirebbe un pericoloso campanello d’allarme da tenere sotto controllo per impedire conseguenze sulla salute cardiaca dei figli. Inoltre, indurrebbe a tenere alta l’attenzione sui bambini pianificando regimi dietetici e attività fisiche atte a ridurre i rischi cardiaci.
Dei 310 pazienti che sono stati esaminati in un arco temporale di trent’anni (tra il 1991 e il 2019) 89 erano reduci da infarto. Di questi, oltre l’ottanta per cento erano uomini con un’età media di 47 anni. I pazienti sono stati classificati in base alla gravità dell’infarto.
Sono stati esaminati i dati sul livello di colesterolo delle madri di tutti i pazienti durante la gestazione. Al netto della considerazione degli altri fattori di rischio (condizioni anagrafiche, eccesso di peso, abitudini scorrette, pressione alta, precedenti familiari, diabete, patologie cardiache in atto o pregresse), il livello alto di colesterolo delle madri è risultato proporzionalmente collegato alla gravità dell’infarto.
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