La caratteristica fondamentale del congedo di maternità è l’obbligatorietà: in quanto obbligatorio, si distingue dal congedo parentale che è, invece, facoltativo. Il principio che sta alla base del congedo di maternità è di assicurare alla madre l’astensione del lavoro, durante la gravidanza e nei mesi appena successivi, sia per tutelare la salute della donna e del bambino, sia per garantire al nascituro l’assistenza e le cure materne.
L’astensione dal lavoro per il congedo di maternità si protrae per un periodo di cinque mesi durante il quale si percepisce l’80% della consueta retribuzione. Anche le madri adottive hanno diritto al congedo: in questo caso, i cinque mesi in cui si ha diritto all’astensione, partono dal momento in cui il bambino adottato entra nel nuovo nucleo familiare.
Il periodo di congedo è discrezionale nelle modalità, ciò vuol dire la madre lavoratrice ha la facoltà di scegliere come usufruire dell’astensione: un mese prima e quattro dopo il parto; due mesi prima e tre dopo; oppure, tutti i cinque mesi dopo aver partorito.
Quest’ultima opzione è stata introdotta solo nel 2019 con la legge di bilancio che ha integrato il disposto dell’art. 16 co. 1 del DL 151/2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”): il riferimento preciso alle norme che regolano il congedo di maternità è importante per prevenire ed evitare interpretazioni sbagliate.
La lavoratrice, secondo il T.U. citato è tenuta a informare il datore di lavoro dello stato di gravidanza e della data in cui si presume che avverrà il parto. La legge, pur richiedendo questa comunicazione al datore di lavoro, non fornisce indicazioni sui tempi e la modalità della stessa, limitandosi a richiederla non appena sia stato accertato lo stato di gravidanza. Successivamente, la lavoratrice dovrà inoltrare apposita domanda all’INPS.
L’inoltro e, quindi, la compilazione del modello, può avvenire telematicamente (dal sito dell’INPS, accedendo con il proprio SPID) o facendo ricorso a un patronato. Il congedo di maternità spetta alle future mamme lavoratrici dipendenti. È irrilevante se si tratta di un contratto a tempo determinato o indeterminato: conta la natura del rapporto di lavoro. Il congedo spetta anche alle colf e alle badanti regolarizzate con contratto e alle braccianti agricole che abbiano maturato almeno 51 giornate lavorative nell’anno.
Nel caso di gravidanze a rischio che possono compromettere la salute della madre e del bambino, è possibile richiedere l’anticipo del congedo di maternità. È necessario, in questo caso, presentare domanda all’ASL di competenza che deve pronunciarsi sull’accoglimento o il rigetto entro e non oltre 7 giorni dalla presentazione. L’anticipo del congedo può essere retribuito dal datore di lavoro che lo anticipa, per riscattarlo successivamente sui contributi che dovrà versare, o direttamente dall’INPS.
In casi specifici è riconosciuto al padre il congedo di paternità (nel 2021, è di 10 giorni).
Si tratta di un’astensione dal lavoro retribuita alternativa al congedo di maternità concessa nel caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, in caso di decesso o infermità grave della madre, abbandono del bambino da parte di quest’ultima, e nel caso in cui la madre rinunci al congedo di maternità.
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