Il mito della “buona madre” si fonda tutto sull’esistenza dell’istinto materno: una sorta di capacità innata secondo la quale la donna ha una naturale propensione ad accudire i bambini senza mai sbagliare, sentire la fatica o peggio lamentarsi delle difficoltà legate al ruolo.

L’idea di istinto materno, come di una caratteristica che riguarda la donna in generale, definendo la sua identità, ha fatto assumere alla maternità stessa una funzione di completamento nel percorso di vita della donna (che pertanto se non è madre è donna a metà) e ha finito con il relegarla in casa oppure in ruoli subordinati…

Ma che cosa sono gli istinti? Partiamo proprio da questo. Dalla definizione riportata da William James, gli istinti sono una tendenza innata ad avere un determinato comportamento, senza che a monte si trovi formazione o una decisione vincolante. L’istinto materno sarebbe perciò il bisogno di avere bambini e una misteriosa abilità di allevarli in maniera automatica.

Da molte definizioni addirittura si desume che questo ipotetico istinto sia frutto di una predisposizione biologica ereditaria e non consentire il suo manifestarsi si tradurrebbe in comportamenti innaturali e anormali.

Dalle ricerche effettuate da Sarah Blaffer Hrdy, proiatologa e antropologa americana, l’uso della locuzione istinto materno sarebbe controproducente per i bambini. Studi sui languri e tamarini, primati poco noti al grande pubblico, emergono molti comportamenti delle femmine nei confronti della prole, legati alle condizioni ambientali e perciò appresi… non istintuali, appunto.

Secondo la Hrdy in presenza di un eventuale istinto materno… [SEGUE]