Dagli studi risulta che il 10% dei bambini anche in età prescolare soffre di frequenti problemi di emicrania, spesso molto grave, vista la giovane età.
Tra le cause più importanti quelle di origine alimentare, come hanno stabilito i ricercatori dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù con uno studio del Dipartimento di Neuroscienze, pubblicando i risultati sulla rivista Nutritens.
I casi di emicrania nei bambini nel 5% dei casi rischiano di diventare cronici e impattare sulle attività sportive ludiche e scolastiche. In molti casi può avere un’origine genetica, con cause scatenanti che possono influenzare intensità e frequenza, come lo stress e la depressione.
Spesso si tratta di situazioni tese di origine familiare che portano all’ansia nei più piccoli e per alcuni alimenti, on-line si trovano falsi miti come quelli sui dolcificanti artificiali, il glutine, il glutammato di sodio, oltre che cioccolato e nitriti presenti negli insaccati.
Dallo studio non risulta esserci una correlazione diretta con questi alimenti, anche per dosaggi relativamente elevati e per i dolcificanti non ci sono dati. Alcune informazioni sono state correlate con caffeina e alcool, ma queste sostanze non sono presenti in quantità apprezzabili nella dieta di un pubblico di età pediatrica.
Bisogna considerare però che alcune componenti analoghe e in particolare tracce di caffeina sono presenti in molte bevande gassate, m non è il caso di rimuovere tout-court un alimento se prima non è stato fatto uno studio di correlazione.
Tra i test da effettuare ci sono le intolleranze per glutine, nichel, pomodoro, nocciole, arachidi, lattosio ed altri allergeni noti e che spesso sono parte degli alimenti sospetti, presenti anche in tracce, ma che per organismi sensibili come quelli dei bambini possono farsi sentire.
Inoltre l’obesità sembra essere un elemento molto influente. Nel 65% dei bambini e sovrappeso causa spesso attacchi di emicrania. In molti casi poi si provvede a utilizzare rimedi nutraceutici a base di magnesio o partenio, ma non ci sono evidenze scientifiche sull’effettivo funzionamento per i pazienti più piccoli.
In ogni caso bisogna valutare insieme al pediatra eventuali rischi di interazione con altri fattori, che potrebbero aggravare la situazione invece che migliorarla.
Sono sempre più numerosi i neonati che soffrono di anemia, una patologia che causa un forte pallore della pelle e delle mucose, stanchezza e fragilità. Nonostante possa suscitare molte perplessità e qualche paura nei genitori, non è il caso di allarmarsi. Basta seguire le indicazioni del proprio pediatra per risolvere al più presto la situazione senza nessuna conseguenza.
Si parla di anemia nel neonato quando il livello di emoglobina del bambino è basso. Durante la gravidanza, il piccolo accumula un discreto quantitativo di riserve di ferro. Dopo il parto, queste riserve tendono a diminuire fino a esaurirsi completamente entro i 6 mesi di vita, soprattutto se il neonato è allattato esclusivamente al seno.
Se l’alimentazione non compensa questa improvvisa carenza, il rischio è che il neonato diventi anemico. Il latte materno infatti da solo non riesce a coprire il fabbisogno nutrizionale del piccolo e il rischio è quello di andare incontro a eventuali carenze.
Non sottovalutiamo il ruolo del latte vaccino nel periodo successivo ai 12 mesi, quando cioè prosegue la fase dello svezzamento. Questo alimento non solo è povero di ferro ma di fatto ne ostacola l’assorbimento.
A volte invece si registra la presenza di anemie emorragiche, dovute al passaggio anomalo di sangue tra la madre e il feto, oppure questa patologia può essere causata da alcuni farmaci assunti dalla madre o da una dieta non equilibrata e carente in acido folico e ferro.
I sintomi nel neonato sono molto specifici. Il piccolo appare pallido, privo di energia e stanco, è soggetto a frequenti infezioni soprattutto respiratorie, ha poco appetito e l’accrescimento è scarso.
In presenza di queste segnali è necessario consultare il pediatra di fiducia che valuterà con calma i sintomi, la storia clinica del neonato e prescriverà una serie di semplici esami come la sideremia, l’emocromo e la ferritinemia. Queste analisi sono necessarie per verificare gli effettivi livelli di ferro nel sangue e la quantità di globuli rossi.
Cosa succede se il piccolo dovesse risultare effettivamente anemico? In questo caso il pediatra presterà particolare attenzione all’alimentazione, prescrivendo l’utilizzo di un latte di crescita in sostituzione del vaccino se il bambino non è allattato al seno o, se il bimbo è nella fase dello svezzamento, incoraggerà i genitori a fornire al piccolo, attraverso il cibo, i nutrienti che gli occorrono per stare bene.
Se questi accorgimenti dietetici non dovessero bastare, il pediatra può valutare l’inserimento di un integratore di ferro in fiale e gocce. Basta seguire queste semplici ma efficaci indicazioni per risolvere nel giro di pochi mesi l’anemia del neonato.
Quando si allatta è necessario prestare una certa attenzione a ciò che si mangia, tenendo presente che il fabbisogno di nutrienti si modifica e che non bisogna incorrere a pericolose carenze.
Le mamme in allattamento devono seguire una dieta equilibrata, varia, ricca di verdure, frutta e proteine, perché una nutrizione sana serve anche per garantire una buona qualità del latte ed evitare di intaccare le riserve del corpo, come quelle di calcio, che va sempre tenuto sotto controllo ed eventualmente integrato, in base alle indicazioni del medico.
Si può anche aggiungere latte vaccino e i prodotti derivati come yogurt e formaggio, per aiutare un po’ il seno nella produzione e al tempo stesso bisogna evitare i cibi che possono dare allergie, come i crostacei, la cioccolata o di arachidi e soprattutto il piccante.
Inoltre servono 2 o 3 litri d’acqua al giorno e niente alcolici, anche se strappi davvero minimi e soprattutto saltuari alla regola non danno problemi significativi in allattamento, mentre invece in gravidanza non sono tollerati.
Questo vuol dire che un brindisi una tantum è pensabile ma un bicchiere di vino a pasto no. Anche il caffè va limitato se non eliminato e gli zuccheri vanno tenuti sotto controllo.
Gli effetti benefici dello sport sulla nostra salute sono noti a tutti oramai. Non appena diventano mamme, molte donne mettono in secondo piano il proprio benessere psico-fisico dedicando tutte le loro energie al/la nuov/a arrivato/a. In realtà, il benessere della mamma è legato a quello del neonato, per questo motivo è importante svolgere tutte quelle attività che consentono a entrambi di stare bene.
Uno dei disturbi più noti che coinvolge le neo-mamme è la depressione post-partum. Secondo i Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie americani, una donna su nove è affetta da depressione post-partum. Il suo è un esordio lento, che colpisce le neo-mamme a partire dal primo gemito che emette il proprio bambino e ha una durata limitata nel tempo.
Tuttavia può accadere che molte donne non siano in grado di uscire da questo stato mentale, con conseguenze gravi. Ed è proprio per questo motivo che alcuni ricercatori spagnoli hanno preso a campione 932 donne che dedicavano una porzione della propria giornata allo svolgimento di alcune attività sportive.
I risultati emersi hanno evidenziato che lo sport è un ottimo anti-depressivo e che offre molti benefici anche a coloro che non presentavano quella sintomatologia che riconduce a uno stato depressivo.
Inoltre è stato dimostrato che una sana alimentazione gioca un ruolo fondamentale per quanto riguardo lo sviluppo di depressione perinatale. È stato osservato, infatti, che molte donne affette da depressione post-partum presentavano alcune carenze nutrizionali, in particolar modo bassi livelli di omega-3.
Questi acidi grassi non vengono… [SEGUE]
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