Il rischio di entrare in menopausa precocemente (prima dei 45 anni) avrebbe un’incidenza minore nelle donne che hanno avuto una gravidanza o che hanno potuto allattare i loro bambini La spiegazione sarebbe da ricercare nell’interruzione momentanea dell’ovulazione durante il periodo di gestazione e il rallentamento della stessa durante l’allattamento.
In passato si era cercato, senza risultati soddisfacenti, di collegare i tempi d’inizio della menopausa alla gravidanza e all’allattamento. Gli studi in questa direzione, secondo la professoressa Langton della Massachusetts University, partivano da un approccio di base discutibile: si chiedeva, infatti, alle donne di indicare il momento preciso in cui erano entrate in menopausa. Tale momento è di difficile individuazione e, in molti casi, si perde nella memoria. I dati non avevano, quindi, l’affidabilità sufficiente per dimostrare il nesso tra la precocità della definitiva interruzione delle mestruazioni con la gravidanza o l’allattamento.
Una ricerca recente della professoressa Langton, invece di indagare i ricordi delle donne in menopausa, si è basata sull’esame delle cartelle cliniche nel Nurses’ Health Study II, un progetto di raccolta di informazioni su base volontaria che ha chiesto alle partecipanti di aggiornare ogni due anni, a partire dal 1989, le notizie relative al loro stato di salute. Il team guidato dalla Langton ha esaminato dati di oltre centomila donne in un arco temporale di quasi tre decenni.
Dall’esame dei dati si è evidenziato un rischio minore di menopausa precoce per tutte le donne con gravidanze anche di solo sei mesi. La diminuzione del rischio si è rilevata direttamente proporzionale al numero di gravidanze: 8% inferiore per le donne con una gravidanza, 16% per quelle con due e, addirittura 22% per le donne con tre gravidanze.
Il nesso non è giustificabile dall’infertilità. Infatti, se si sottraggono dalla ricerca i dati relativi alle donne che, pur tentando, non sono riuscite a concepire, i risultati non subiscono variazioni di rilievo.
Anche l’allattamento al seno incide sul rischio di menopausa precoce che si riduce del 28% nelle donne che durante la loro vita hanno allattato per un periodo di almeno sette mesi rispetto a quelle che non hanno mai allattato o che l’hanno fatto per meno di un mese. Il rischio si riduce ulteriormente, fino ad arrivare al 35% in meno, nelle donne che hanno avuto tre gravidanze e hanno allattato per sette-dodici mesi.
I risultati raccolti, dal punto di vista puramente statistico, consolidano l’ipotesi di partenza, cioè il nesso tra il rischio di menopausa prima dei 45 anni e le gravidanze e l’allattamento. Meno evidente è il collegamento all’ovulazione che rimane su un piano aleatorio, non suffragato da evidenze definitive. Vero è che la gravidanza interrompe la produzione di ovuli e che l’allattamento la interrompe: se sia la preservazione delle riserve di ovuli il motivo della riduzione del rischio di menopausa precoce è, invece, ancora da dimostrare.
Una domanda ricorrente delle neomamme è la possibilità di prevenire il rischio di obesità futura grazie anche all’allattamento al seno.
Ci sono ipotesi fisiopatologiche che correlano le componenti protettive del latte naturale con l’abbassamento dell’incidenza di casi di sovrappeso patologico.
Il plasma dei bambini che presenta una più alta concentrazione di insulina e un precoce sviluppo di iperlipemia, si correla a stati di ipertensione arteriosa e diabete mellito oltre che insulinoresistenza e ha notevoli ripercussioni sociali ed economiche.
L’allattamento al seno è dunque protettivo contro l’obesità infantile? La rivista MeSH di PubMed ha pubblicato una revisione sistematica del luglio 2004 di alcuni articoli, il primo dei quali è a firma Arenz S, Ruckerl R, Koletzko B.
Da questo studio risulta che che i bambini che sono stati allevati con latte artificiale presenterebbero un deposito adiposo eccessivo, mentre quelli allattati al seno hanno una riduzione dei livelli di leptina e un maggior grado di autoregolazione dell’assunzione calorica, che porta a un minor introito alimentare.
Per la salute pubblica l’obesitàinfantile è…. [SEGUE]
Un corretto avvio dell’allattamento al seno che eviti il ricorso alle famose “aggiuunte” di formulati a base di latte vaccino, oltre ad essere fondamentale per adeguare la produzione di latte materno al fabbisogno del bambino, è importante anche per la prevenzione di asme ricorrenti.
Secondo uno studio pubblicato dal JAMA Network Open, pubblicazione periodica curata dall’American Medical Association, potrebbe esserci una connessione tra le allergie alimentari, in particolare al latte vaccino, e l’insorgenza di asma o respiro sibilante ricorrente nei bambini.
Nello specifico, i bambini che ricevono un’integrazione di latte in formula a base vaccina oltre al latte materno potrebbero avere quasi il doppio delle probabilità di sviluppare asma o respiro sibilante ricorrente.
I dati conclusivi dello studio diretto dal professor Hiroshi Tachimoto della Jikei University School of Medicine di Tokyo hanno, infatti, rilevato che tra i bambini che hanno ricevuto latte artificiale a base vaccina come integrazione all’allattamento al seno, dalla nascita fino ai 5 mesi di vita, quindi fino all’inizio dello svezzamento, una percentuale considerevole ha sviluppato asma o respiro sibilante ricorrente.
Una percentuale inferiore di problemi analoghi si è, invece, verificata nei bambini allattati esclusivamente al seno, così come in quelli che hanno ricevuto latte materno integrato da latte artificiale a base di aminoacidi.
Per questo studio, i ricercatori hanno seguito… [SEGUE]
Per questo studio, i ricercatori hanno seguito 302 bambini dalla nascita fino al loro secondo compleanno. Il 50% dei bambini, è stato allattato con latte materno integrato da latte artificiale a base di latte di mucca con la conseguenza che il 18% di loro ha manifestato fenomeni asmatici. Al restante 50% è stato somministrato esclusivamente latte materno e, in questo caso, una percentuale molto più bassa, il 10% ha manifestato fenomeni di questo tipo.
Ulteriore dato che è emerso dallo studio è che, tra i bambini con livelli di vitamina D superiori alla media, l’asma o il respiro sibilante ricorrente si sono manifestati nel 25% di coloro che hanno ricevuto l’integrazione con latte di mucca, rispetto al 6% dei bambini allattati solo con l latte materno.
Sebbene lo studio non abbia chiarito il motivo per cui si siano verificate queste differenze, i ricercatori ipotizzano che il latte materno umano contenga determinate sostanze chimiche e sostanze nutritive che rafforzino il sistema immunitario e i batteri intestinali dei bambini.
È importante tener presente, come gli stessi ricercatori ammettano, nella pubblicazione dei risultati, che lo studio di cui stiamo trattando ha dei limiti statistici. Infatti, la ricerca è stata condotta esclusivamente in un centro medico di Tokyo.
Questa limitazione potrebbe rendere i risultati irrilevanti in altre parti del mondo con diverse culture alimentari e diverse condizioni socioeconomiche. Lo studio costituisce comunque un punto di partenza per il quale sono necessarie ulteriori verifiche scientifiche.
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