Svezzamento: meglio omogeneizzati o cibi freschi?

Svezzamento: meglio omogeneizzati o cibi freschi?

Secondo una ricerca gli omogeneizzati industriali avrebbero un valore nutritivo molto inferiore rispetto ai cibi freschi e ai pasti preparati a casa.

Molti omogeneizzati contengono, infatti, una enorme quantità di zuccheri inutili, oltre a essere consigliati, in modo a dir poco azzardato, per l’alimentazione dei bambini a partire dai quattro mesi di età. Secondo le linee guida sullo svezzamento, i bambini dovrebbero, invece, cominciare ad assumere cibi solidi, oltre al latte materno o artificale, intorno ai sei mesi.

Lo svezzamento è spesso anticipato forzatamente proprio perché le mamme sono indotte in errore dalle etichette di alcuni alimenti per la prima infanzia, contrassegnati come adatti dai quattro mesi in poi.

Gli esperti del dipartimento di nutrizione umana dell’Università di Glasgow hanno analizzato una vasta gamma di alimenti per l’infanzia prodotti dai principali produttori del Regno Unito valutandone le informazioni nutrizionali (calorie, grassi, ferro e calcio).

Dei 479 alimenti esaminati, quasi la metà (il 44%, per la precisione) erano destinati a bambini a partire dai quattro mesi. I ricercatori hanno rilevato che il contenuto calorico degli alimenti al cucchiaio è, in media, di 282 kJ (67 calorie) per 100 g, quasi identico al latte artificiale (283 kJ per 100 g di formula). La differenza dei prodotti industriali con gli alimenti naturali non risiede, quindi, nell’apporto calorico, ma nella qualità dei nutrienti.

Gli alimenti commerciali, infatti, rispetto a quelli fatti in casa, sono risultati ricchi di zuccheri e carenti di ferro.

L’eccesso di zuccheri a partire dalla tenerissima età può avere conseguenze spiacevoli: i bambini, abituandosi a un gusto dolce e deciso, potrebbero sviluppare una poco salutare avversione verso cibi meno saporiti, ma più sani.

Molti genitori, per vari motivi, trovano comodo ricorrere ai prodotti preconfezionati, senza considerare che la preparazione dei cibi, oltre a essere migliore qualitativamente, è anche economicamente conveniente, sebbene più dispendiosa in termini di tempo.

Gli alimenti per l’infanzia fatti in casa sono realizzati con ingredienti freschi che conservano intatto il proprio contenuto di sostanze nutritive. Inoltre, la preparazione di passati di verdura, verdura, carne e pesce, grazie agli elettrodomestici moderni, si è enormemente semplificata.

Abituare i bambini a una alimentazione naturale sin dalla più tenera età significa educare il loro gusto a cibi sani con conseguenti benefici sulla loro salute in età adulta. L’uso, invece, di soli prodotti industriali sortirà necessariamente l’effetto opposto.

Fonti

The types of food introduced during complementary feeding and risk of childhood obesity: a systematic review

Complementary feeding and the early origins of obesity risk: a study protocol

Starting solid foods

Neonati: gli incredibili effetti dell’acqua

Neonati: gli incredibili effetti dell’acqua

I neonati provengono da un ambiente che si potrebbe definire acquatico e questa impronta sensoriale rimane solida per i primi mesi nella loro percezione. L’acquaticità offre gradi vantaggi per lo sviluppo

Spesso i bambini in età scolare hanno paura dell’acqua e di affrontare mere e piscina, ma se si comincia sin dai primi mesi a farli familiarizzare con questo mezzo è tutto più facile e naturale: le paure scompaiono e, con esse, i rischi di annegamento, anche in età adulta.

Per i bambini che hanno frequentato corsi in piscina fra 1 e 4 anni il rischio scende dell’88%: questo in base ad uno studio recente; mentre in base ad un’indagine analoga svoltasi in Cina, si parlerebbe solo del 40%; in ogni caso sono dati confortanti

I corsi di solito partono dai 4 mesi e vanno avanti fino ai 3 anni per insegnare tecniche natatorie e per aiutare i genitori a sviluppare un rapporto fisico coi figli in questo mezzo, ma anche fuori, con attrezzi galleggianti, ma anche soltanto stando insieme in vasca.

Tra i vari stimoli motori, il cross patterning laterale, per costruire legami neuronali legati al coordinamento, che aiutano nella lettura, nel linguaggio e nella consapevolezza spaziale.

Secondo uno studio della Griffith university australiana i bambini fra i 3 e i 5 anni che hanno fatto corsi in acqua hanno uno sviluppo verbale anticipato di 11 mesi rispetto ai coetanei, 17 per la memoria e 20 per l’orientamento spaziale.

Inoltre i bambini che hanno seguito i corsi, con o senza genitori, hanno meno difficoltà ad adattarsi a nuovi ambienti e situazioni, imparando a interagire meglio con oggetti sconosciuti o la cui forma appaia poco correlata con la funzione.

Fonti

“The Early Years Swimming Project”

Association between swimming lessons and drowning in childhood: a case-control study

Children’s Health Team. (2017). Kids can drown even after leaving the pool: Here’s how to avoid it.

Delayed symptoms of drowning: Know the signs. (2015).

Università dell’acqua

Lavaggi nasali: servono o sono rischiosi?

Tanto odiati dai bambini ma procurano un sollievo immediato in caso di raffreddore, sono veloci, economici e ritenuti generalmente privi di effetti collaterali. Stiamo parlando dei lavaggi nasali, utilizzati per liberare il nasino dei neonati da muco e catarro. Ma sono davvero sicuri e innocui per le mucose dei bambini più piccoli? Facciamo un po’ di chiarezza.

Nel 2016, in seguito al decesso di una bambina torinese di due mesi e mezzo, alcuni pediatri hanno puntato il dito contro la pratica quotidiana dei lavaggi nasali. La piccola infatti era svenuta durante il bagnetto, nel momento in cui la mamma le stava liberando il nasino, tramite il classico lavaggio nasale.

Alcuni esperti affermarono che questa pratica, a prima vista semplice e totalmente innocua, non era priva di rischi soprattutto se effettuata in modo scorretto o con troppa energia. A far la differenza, secondo i pediatri, era anche la temperatura della soluzione stessa che, se troppo fredda, poteva scatenare una reazione paragonabile a un’immersione in acqua fredda. Lo shock termico avrebbe impedito il respiro nelle prime vie aeree superiori, il conseguente rallentamento del battito cardiaco e lo svenimento del piccolo.

Questo clima di generale allarmismo, nato dalla tragedia della piccola, è stato ridimensionato nel corso degli anni. Lo studio “Nasal saline irrigation in children: a study of compliance and tolerance” pubblicato su PubMed, ha affermato che la maggior parte dei bambini tollera con successo l’irrigazione nasale.

Anche nel nostro Paese sono intervenuti alcuni esperti per confermare l’efficacia e la sicurezza del lavaggio nasale. Roberto Cutrera, direttore dell’unità di bronco-pneumologia all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Secondo lo specialista, non sussiste nessun pericolo nei lavaggi nasali a patto ovviamente di eseguirli nella maniera corretta.

Nei piccoli fino a 18 mesi è consigliabile… [SEGUE]

Vita da Neomamma: quello che nessuno ti aveva detto prima

Vita da Neomamma: quello che nessuno ti aveva detto prima

La nascita di un bambino sconvolge inevitabilmente ritmi e orari di tutta la famiglia e, in particolare, della neo mamma che, dopo i lunghi nove mesi di gravidanza, si trova ad affrontare una vita completamente diversa, una vita nuova di cui, se è al primo figlio, sa molto poco. La mancanza di esperienza causa ansia e preoccupazione nonostante la felicità per l’arrivo del neonato.

Nelle settimane subito dopo il parto, gli ormoni, aumentati durante la gestazione, continuano a produrre i loro prodigiosi effetti regalando alle neo mamme energie straordinarie che consentono loro di adattarsi alla nuova routine e, allo stesso tempo, lunghi momenti di sconforto e tristezza difficili da gestire. Le prime sei settimane con un neonato sono una serie infinita di continui alti e bassi per qualsiasi genitore: alti e bassi importanti e intensi che lasciano il segno per sempre.

Il primo scoglio è alimentare il piccolo. Allattare al seno, per quanto naturale, non è così facile come sembra. Alcune donne fanno fatica le prime volte, tendono ad irrigidirsi appena il bambino apre la bocca e rendono l’operazione snervante e logorante.

Nonostante gli ormoni e l’eccesso di adrenalina dovuto al cambiamento tanto atteso, la stanchezza e la privazione del sonno, inevitabile per le poppate, si fanno sentire. Il poco sonno sembra quasi rubato alla cura del neonato e privato per questo dell’innato effetto ristoratore.

Tutto ciò che riguarda il bambino si trasforma in un evento straordinario che provoca agitazione. È il caso del primo bagnetto con l’ansia per la temperatura giusta dell’acqua e per la paura di far scivolare il piccolo.

Abituarsi alla cura del neonato è impresa ardua. Su tutto emerge il fatto che il tempo non appartiene più alla mamma, ma è scandito dai bisogni e dagli orari del bambino. Può aiutare, in alcuni casi, frequentare un gruppo di neomamme per rendersi conto di non essere le sole a sentire il peso del cambiamento.

Dopo un po’, si instaura, comunque, una nuova normalità, con rituali ben definiti che regalano alla neomamma serenità e la sensazione di riappropriarsi del controllo della propria vita che sembrava smarrito subito dopo il parto.

Le prime settimane dopo la nascita del bambino sono sicuramente un periodo estenuante e sconvolgente, ma tutto si ricompone, secondo un ordine nuovo, dopo poco tempo. Le incombenze quotidiane, il sonno perso, la stanchezza sono ripagate dai versetti teneri del bimbo, dalle sue smorfiette, dagli odori dolci e, dopo qualche settimana, dai primi sorrisi.

Fonti

A Day in the Life of a New Mom

‘What do new mothers do all day?’

What Life as a New Mom Is Really Like

Intrattenere un neonato giocando

Intrattenere un neonato giocando

Gioco e neonato sembrano due concetti antitetici perché siamo convinti che il bimbo sia troppo piccolo per sperimentare un’attività ludica finalizzata all’apprendimento.

In realtà le cose non stanno così: la mente e il corpo del bambino si stanno sviluppando velocemente e in modo sorprendente. Durante il primo mese di vita il piccolo apprende e impara grazie all’interazione con i genitori. Ma come si fa a giocare con un neonato?

Durante il primo mese di vita, la pancia di mamma e papà è più interessante e stimolante di un parco giochi. Gli esperti consigliano infatti di mettere il bambino sulla pancia, quando è sveglio, più volte al giorno. Il focus di questa coccola-esercizio è aiutarlo a sviluppare le prime capacità motorie che coinvolgono anche la testa.

E se il bimbo non ama questa posizione? L’alternativa è sdraiarlo accanto a voi su un pavimento, incoraggiandolo a sollevare la testa con l’ausilio di un asciugamano morbido da mettere sotto il suo corpo per agevolarne i movimenti.

Il bambino alla nascita è dotato di alcuni riflessi involontari che gli garantiscono senza dubbio la sopravvivenza ma non dobbiamo sottovalutare la loro importanza in termini di interazione con il mondo esterno.

Se proviamo a toccargli una guancia appena nato, il piccolo si girerà istintivamente verso quel lato, pronto a nutrirsi: è un semplice riflesso, chiamato di radicazione. Se invece stimoliamo il piccolo con il gioco, nel giro di 3/4 settimane, inizierà a girarsi non per un semplice riflesso ma perché avrà imparato che in quella direzione trova del cibo. È una piccola conquista a metà strada tra l’orientamento temporale e la consapevolezza.

Non sottovalutiamo l’importanza del linguaggio, anche se ci può sembrare prematuro nei primi mesi di vita. In realtà i piccoli iniziano a collegare il suono della voce al volto ed è proprio quel suono che li spinge a essere più attivi e vigili. Non ha importanza quello che diciamo ma il modo.

Parliamo di qualsiasi cosa ma cerchiamo di intrattenerlo il più possibile con la nostra voce: il piccolo ascolta, collega e impara. Sotto questa ottica anche cantare diventa uno strumento indispensabile perché crea un apprendimento rapido e piacevole. Il bambino, grazie a questi piccoli gesti, impara a sua volta a comunicare.

Nei primi mesi di vita è necessario fornire al neonato una stimolazione che passa attraverso l’utilizzo di piccoli sonagli, giocattoli musicali o tramite la lettura di un libro colorato, uno strumento ideale per continuare a far sentire la nostra voce al bambino, modulando anche il tono e l’intensità.

Fonti

Learning, Play, and Your Newborn

Am I Doing Enough With My Newborn?

Lista nascita consapevole: cosa serve realmente al neonato?

Lista nascita consapevole: cosa serve realmente al neonato?

Negli ultimi anni si stanno diffondendo sempre più le liste nascita, del tutto paragonabili alle più conosciute liste nozze. Si tratta di veri e propri elenchi di oggetti e articoli di vario tipo che i neo genitori preparano presso un negozio o in un sito internet perché amici e parenti possano fare un regalo al bimbo che arriverà.

Non è così semplice, però, decidere quali prodotti scegliere perché il marketing e la pubblicità troppo spesso influenzano in maniera eccessiva la nostra vita di tutti i giorni. Anche l’ansia, l’inesperienza e la paura di non dare al proprio bambino il meglio possono essere determinanti.

Se ci pensiamo bene, in fin dei conti, un neonato ha ben pochi bisogni, e tutti primari, perciò il suo corredino non dovrebbe essere così difficile da costruire.

Ecco perché la prima regola che si deve tenere ben presente è il non farsi prendere dal consumismo e dalla moda. Un’altra norma da mantenere ben presente è quella di non farsi prendere dalla frenesia di voler acquistare tutto e subito ancora prima che il bebè sia arrivato al mondo. C’è sempre tempo per farlo, anche dopo il suo arrivo, mano a mano che crescerà e si presenteranno le varie necessità. Non ha senso, quindi, preparare delle liste nascita di lunghezza infinita.

Un esempio per capire: alcuni negozi arrivano a proporre dei veri e propri cataloghi regalo con quasi 100 articoli!
I bambini sono tutti diversi, così come anche le mamme e le famiglie lo sono perciò non ha senso riempire le case di oggetti che magari non serviranno mai.

Facciamo ancora una volta qualche esempio per capire meglio. Non è sensato acquistare un passeggino super costoso pensando che il bimbo ci passerà moltissime ore, se poi, invece, scopriamo che è più comodo per noi e per lui essere trasportato in un pratico e comodo marsupio. Allo stesso modo, non ha nessuna importanza acquistare un tiralatte, se non occorrerà mai fare scorte di latte materno.
Tutto questo, poi, non vale solo per i neonati, ma anche per i bimbi più grandini.

Cosa acquistare allora?
Gli articoli fondamentali, quindi sono davvero pochi: alcune tutine (ma attenzione a non esagerare perché i neonati crescono così in fretta!) e della biancheria intima, tanti bavaglini, pannolini (magari lavabili), delle salviettine, il necessario per il bagnetto, il seggiolino per l’auto, la carrozzina, la culla corredata da lenzuolini e copertine, e ben poco altro.

Fonte

Bebè a costo zero. Guida al consumo critico per accogliere e accudire al meglio il nostro bambino

L’infanzia dell’era del consumo

Altroconsumo

Bambini: educare all’amicizia

Bambini: educare all’amicizia

L’amicizia è un fatto imponderabile, indefinibile in tanti suoi aspetti, ma una cosa è certa, inizia a farsi vedere dai primi anni dell’infanzia e sa crescere a volte per tutta la vita.

Difficile dare una definizione, ma l’amicizia è un fattore che tutti conosciamo e di cui godiamo, un rapporto universale con alcune caratteristiche più o meno sempre presenti, come intensità, reciprocità e un aiuto a dirimere i problemi in modo pacifico, ma senza imposizioni.

Negli anni ’70 gli studiosi dello sviluppo tendevano a negare la capacità dei bambini di creare relazioni significative amicali, ponendo quelle con la madre come principale e dominante. Per la psicanalista Susan Isaacs i rapporti fra bambini erano solo derivanti da un approccio egoistico.

Studi recenti come quelli di Baumgartner e Bombi (2005) sembrano ribaltare la prospettiva affermando che fra i 3 e 6 anni i bambini sanno già costruire rapporti con i coetanei senza la mediazione di un adulto.

L’amicizia cambia con le fasi della vita. Dai 3 ai 5 anni l’amico è sempre momentaneo, una sorta di avversario con cui si instaura una tregua di gioco, secondo le teorie di Rubin del 1998, ma il rapporto si interrompe se mancano le condizioni sicure.

Per gli adulti l’amicizia è alla base di una formazione del carattere e del rapporto con gli altri, ma è un aspetto che si apprende da bambini, con la crescita dell’autostima e della percezione dei confini nelle relazioni.

Gli adulti possono formare il bambino all’amicizia, interagendo con lui in modo empatico e sano, aiutandolo a sviluppare bisogni e limiti e ponendosi come modello delle relazioni amicali, mostrando un buon comportamento nei rapporti di questo tipo fra adulti.

Possono anche svolgere il ruolo di facilitatori, invitando amici e candidati per appuntamenti di gioco. Inoltre possono svolgere un ruolo soft di arbitro, spingendo alla ricerca di una soluzione pacifica e con autocontrollo, ma senza dare un giudizio in ambiti che non sono di loro pertinenza.

Le amicizie sono anche il punto di partenza per creare una relazione con chi è differente, perché in assenza di preconcetti e tabù i bambini possono relazionarsi anche con compagni di strati sociali differenti, di nazionalità diverse, anche grazie ad un forte linguaggio non verbale che caratterizza giocoforza le loro prime amicizie, gettandole basi per diventare adulti stabili e capaci di interpretare i comportamenti di chi hanno davanti e di capirne bisogni esigenze e anche i limiti.

Fonti

Children’s friendships

Judy Dunn, 2006, L’amicizia tra bambini

Emma Baumgartner, Anna Silvia Bombi, 2005, Bambini insieme. Intrecci e nodi delle relazioni tra pari in età prescolare

L’amicizia tra bambini: un valore importante

Migliorare la propria vita di mamma col delcuttering

Migliorare la propria vita di mamma col delcuttering

Per le mamme che si destreggiano tra il lavoro, la casa e la cura dei figli, ritagliarsi del tempo per se stesse sembra spesso una missione impossibile. In realtà esiste un modo per rendere tutto più semplice da gestire: il decluttering, termine inglese che in italiano si traduce letteralmente come togliere di mezzo qualcosa d’ingombrante e che si può riassumere con la locuzione nostrana mettere in ordine.

Il decluttering facilita la vita delle mamme in molti modi: ci sono meno cose da pulire, è più facile trovarle, e c’è più spazio a disposizione per i bambini. Per cominciare è fondamentale predisporre un piano di azione, un progetto preciso senza il quale il tentativo di riordinare si tradurrebbe in disordine ulteriore. Una volta che si è deciso, è importantissimo non aspettare il momento giusto. Ogni momento è perfetto per iniziare l’opera. Indugiare è solo una perdita di tempo che ha come unico risultato l’aumento del disordine.

Il decluttering potrebbe essere emotivamente e fisicamente estenuante: per questo non è utile porsi obiettivi poco realistici, ma è opportuno sceglierne di fattibili e compatibili con i propri compiti di madre che sono già abbastanza gravosi.

Gli ambienti disordinati spesso sono causa di stress per la maggior parte delle persone, in particolare per le mamme indaffarate che si dividono tra casa e lavoro. In una ricerca recente si è evidenziato, a riprova di questo, che il livello di cortisolo (l’ormone dello stress) è inferiore nelle donne che descrivono le loro case come ordinate, rispetto a quelle che, invece, le descrivono come disordinate. Il decluttering può, quindi, avere implicazioni emotive e psicologiche di rilievo sul benessere delle madri.

Il disordine distrae perché rende difficile trovare ciò di cui si ha bisogno. Eliminarlo, mettendo in ordine, ha come conseguenza una migliore concentrazione. Migliorare lo spazio vitale vale anche come iniezione di autostima: ci si sente orgogliosi di un ambiente ordinato e ci si vergogna, infatti, del disordine.

Una casa disordinata non è necessariamente sporca. E’ difficile, però, pulire bene intorno a una catasta di oggetti. Il decluttering, in questo senso, aiuta a ridurre gli accumuli di polvere, muffe e funghi che possono scatenare asma e allergie.

Il decluttering è una forma di liberazione fisica. Il disordine, infatti, è solitamente il frutto di un vastissimo assortimento di emozioni e ricordi che può trasformarsi in una vera e propria stampella psicologica. Una volta superata la diffidenza iniziale, ci si rende conto di non avere bisogno di un oggetto per ricordare una persona o un evento; ci si accorge semplicemente che le emozioni, i ricordi e sentimenti ci sono ancora anche se ci si è sbarazzati del superfluo.

Fonti

Come fare Decluttering e sentirsi meglio

Decluttering Per Mamme Con Poco Tempo: Fare Spazio

Tre tecniche per fare vero decluttering e guadagnarci in tutti i sensi

E’ l’ora del decluttering

Bullismo e competizione fra Mamme, il “Mom Shaming”

Bullismo e competizione fra Mamme, il “Mom Shaming”

A partire dal momento in cui una donna scopre di aspettare un bambino, viene sopraffatta da un turbinio di emozioni: insicurezza, paura e la sensazione di non essere pronta a diventare madre. Il “mom shaming”, letteralmente far vergognare una mamma, fa leva su queste emozioni con conseguenze drammatiche sulla psiche delle madri che ne sono bersaglio.

Ogni mamma subisce critiche per le decisioni assunte riguardo all’educazione e alla cura dei propri figli. I dati statistici ne sono la prova. La maggior parte delle madri (61%) afferma, infatti, di essere stata criticata per le proprie scelte genitoriali da un familiare: l’altro genitore (36%), i suoceri (31%) o la propria madre o padre (37%).

La disciplina è l’oggetto più frequente delle critiche, segnalato dal 70% delle madri. Altri temi comuni, oggetto di commento negativo, sono la dieta/nutrizione (52%), il sonno (46%), l’allattamento al seno rispetto al biberon (39%), la sicurezza (20%) e la cura in generale dei bambini (16%). Le madri reagiscono in modi diversi alla critica: alcune cominciano a documentarsi per capire se stanno veramente sbagliando, altre si conformano alle critiche modificando il loro modo di essere genitori.

La maggioranza delle madri afferma fortunatamente che le critiche le hanno fatte sentire più sicure delle loro scelte genitoriali e il 56% dichiara di aver smesso di criticare altre madri dopo esserne stata oggetto.

Il mom shaming diventa particolarmente fastidioso quando un’altra mamma offre consigli genitoriali non richiesti, adottando posizioni rigide, incrollabili su una propria opinione e facendo vergognare altre mamme che la pensano e agiscono diversamente. È quella che viene definita la guerra delle mamme, fenomeno ancora più odioso quando viene amplificato dagli strumenti di comunicazione digitale. Non è raro che una mamma per aver fatto una qualsiasi scelta non condivisa dalle altre, venga messa alla gogna su un gruppo whatsapp o di qualche altro social media.

Ciò che rende il mom shaming unico e diverso da altre forme di bullismo è che prende di mira qualcosa di intimamente legato al senso del dovere di una donna. Nella società di oggi, l’asticella della genitorialità tende a essere molto più alta per le madri che per i padri. Le madri sono spesso oggetto di critica, mentre i padri sono trattati con molta più indulgenza per le stesse decisioni genitoriali.

Accade per esempio quando una madre che non lavora ne giudica un’altra impegnata professionalmente. Una sorta di ripicca insensata che può far molto male e a cui si deve reagire non lasciandosi condizionare, ma informandosi sulla validità delle proprie scelte e continuando a svolgere i propri compiti quotidiani con la consapevolezza che i figli e i genitori non sono tutti uguali.

Non esistono regole e modus operandi predefiniti. Se si hanno dubbi è bene consigliarsi da esperti e ignorare le chiacchiere e i commenti delle mamme bulle.

Fonte:

“Welcome to the Mommy Wars, Ladies”: Making Sense of the Ideology of Combative Mothering in Mommy Blogs

I bambini e il lutto. Come aiutarli a comprenderlo e affrontarlo.

I bambini e il lutto. Come aiutarli a comprenderlo e affrontarlo.

I bambini hanno bisogno di informazioni semplici e, soprattutto, oneste rispetto a un evento luttuoso, con tutto ciò che ne consegue, e alla morte come evento fisico. Nel caso di decesso di una persona cara o importante nella vita del bambino, è indispensabile parlarne il prima possibile. Apprendere la notizia della morte accidentalmente o da qualcuno a cui non è vicino, potrebbe provocare al bambino una reazione emotiva ancora più spiazzante e dolorosa. Se si hanno più bambini, gli esperti consigliano di valutarne età e il carattere per decidere se è meglio informarli insieme o separatamente.

Il bambino ha bisogno dell’aiuto degli adulti per capire la morte. È meglio, quindi, spiegare cosa è successo nel modo più semplice e veritiero possibile. Ad esempio, un bambino a cui viene detto che il nonno è andato a dormire per sempre potrebbe avere difficoltà ad addormentarsi per il timore inconscio di non svegliarsi più. I bambini più piccoli potrebbero non sapere affatto cosa significhi la morte, quindi il genitore potrebbe aver bisogno di descrivere il fatto in sé e assicurarsi, con delicatezza estrema, che abbiano capito.

Quando qualcuno muore, i bambini si pongono tutta una serie di quesiti ai quali, in qualche modo, l’adulto deve dare una risposta. Prepararsi in anticipo a rispondere a queste domande, può rendere le cose più facili da gestire. La domanda principale sarà sicuramente: perché? Il bambino cerca di dare un senso alla morte cercando di scoprirne la causa. La risposta deve essere chiara, facilmente comprensibile: il cuore del nonno era molto vecchio e i dottori hanno provato ad aggiustarlo, ma non ci sono riusciti.

Molto spesso il bambino, come reazione al lutto, può temere la propria morte o che muoiano i genitori o le persone che gli sono più vicine. Per tranquillizzarlo, si suggerisce di spiegargli che la maggior parte delle persone muore solo quando sono molto vecchie e molto malate.

Cosa accade dopo la morte è un’altra delle questioni sulle quali il bambino indagherà. La risposta dipende dalle convinzioni personali o spirituali della famiglia dalle quali, il genitore o chi per lui, può scegliere di partire per tratteggiare una spiegazione che sia la meno traumatica possibile.

Molte persone trovano conforto nel dare ai propri figli un appiglio su cui concentrarsi quando pensano alla persona defunta: gli dicono che il nonno è in cielo, ad esempio.

Qualunque cosa si scelga di dire al bambino, è utile solo se riesce a rasserenarlo senza confonderlo. Ha molta importanza, in questo caso, il tono rassicurante usato dall’adulto.

Un’esperienza luttuosa, di per sé dolorosa e traumatizzante anche per gli adulti, con i bambini deve essere affrontata tenendo conto delle implicazioni psicologiche sulla vita del piccolo che, per via della perdita, subisce uno scossone i cui riverberi vanno contenuti e affievoliti con l’aiuto in primo luogo dei genitori.

Fonti:

Aiutare i bambini ad affrontare il lutto

Come preparare i bambini all’elaborazione di un lutto

Cioccolato ai bambini, giusto o sbagliato?

Cioccolato ai bambini, giusto o sbagliato?

Il cioccolato è un alimento irresistibile, tanto per i grandi quanto per i bambini. Un quesito che, molto spesso, si pongono i genitori è se sia pericoloso o meno offrire del cioccolato ai propri figli piccoli e quando possono iniziare a concedere loro un assaggio di questa golosità.

La prima cosa da sapere è che questo alimento non andrebbe mai offerto prima dei due anni di età. Il motivo principale consiste nel fatto che il cacao è un alimento stimolante, in quanto contiene caffeina, sostanza assolutamente inadatta ai bimbi piccoli, perché potrebbe renderli nervosi e insonni.

Un’altra buona ragione per evitare di dare il cioccolato ai bambini sotto i due anni è che questo alimento può favorire il reflusso gastro-esofageo: un problema molto comune nei neonati e negli infanti. Si tratta di un disturbo che si manifesta con forti bruciori alla bocca dello stomaco e rigurgito acido, soprattutto quando si sta sdraiati, quindi durante il sonno.

Infine, c’è da considerare che il cioccolato, soprattutto quello al latte o bianco, contiene un’eccessiva quantità di zuccheri per un bambino e, in alcuni casi, può scatenare reazioni allergiche. Le anafilassi sono più comuni nel caso di cioccolato arricchito con ingredienti come le nocciole, le arachidi, le noci, la soia e il latte.

Tuttavia, pensare di privare del tutto un bambino della gioia del cioccolato, è altrettanto sconsigliato. Dopo i due anni, per esempio, si può cominciare a fare assaggiare ai propri figli il latte con il cacao, in quantità moderate. Somministrare il cioccolato in forma liquida, diluito nel latte vaccino o vegetale, consente al piccolo di soddisfare il palato ma riduce l’impatto glicemico sull’organismo.

Verso i tre/quattro anni è possibile fare assaggiare il cioccolato ai bambini, sempre con moderazione e nell’ambito di un’alimentazione sana, equilibrata, ricca e varia. Il cioccolato fondente è, tra i vari tipi di cioccolato, quello di migliore qualità: contiene pochi zuccheri e un’alta percentuale di cacao, fonte di minerali come lo zinco, il magnesio, il potassio, il calcio e il fosforo.

Inoltre, il cacao è ricco di flavonoidi e antiossidanti ed è un precursore della serotonina, l’ormone del benessere e del buon umore. I bambini, però, generalmente non sono particolarmente attratti dal fondente, che ha un gusto più intenso e deciso, ma dalla cioccolata al latte, bianca o con le nocciole.

Se il piccolo non ha particolari problemi di allergia o intolleranza può certamente godersi un pezzetto della sua cioccolata preferita ogni tanto. L’importante è che non diventi un’abitudine quotidiana ma solo un modo di festeggiare le occasioni speciali: la domenica, le feste, i compleanni o un evento conviviale in compagnia di parenti e amici.

Fonti

Children and food allergies. (n.d.)
Childhood nutrition.
Drinking flavored or plain Milk is positively associated with nutrient intake and is not associated with adverse effects on weight status in US children and adolescents.
What FDA learned about dark chocolate and milk allergies
Can chocolate be good for my health?

Ritorno a Me

Chi sono e cosa desidero per me? Sono domande legittime, anche e soprattutto adesso che sei diventata Mamma.

Diventare genitore significa anteporre le necessità del bambino/a alle proprie. Il neonato dipende completamente da noi ed è fondamentale sapersi adattare ai suoi bisogni.

Questo richiede un elevato impegno alla Mamma, oltre che una grande flessibilità.

Ma quando arriverà il turno della Mamma? Quando si potrà ricominciare ad occuparsi di sé e riprogettare il proprio futuro?

E se ti dicessimo che quel momento è arrivato? Anzi, lo è sempre stato. Ed è un’occasione per ritrovarsi che fa bene anche ai tuo bambino/alla tua bambina.

Vieni a incontrare te stessa e preparati a scoprire cose belle, progettando il tuo futuro di Donna e Mamma, in diretta Webinar.

La tua nuova vita inizia ora.

Mercoledì 27 ottobre 2021 alle ore 17.30, un evento online gratuito, rivolto a tutte le Neo Mamme.

POSTI LIMITATI PRENOTA IL TUO E ISCRIVITI SUBITO

Per info info@erba.ginecologia.it

Conduce Angela Lettieri

Counselor ed Armonizzatrice Bio-Naturale, abilitata alla Massoterapia, fa parte dello Staff di Mammole “La guida Natural delle Mamme” ed è docente nei corsi di formazione di Mammole School.

Membro del Comitato Tecnico Scicentifico di Uno-DBN, associazione di categoria degli Operatori Bio Naturali riconosciuta dal MISE, ha negli anni sviluppato un approccio olistico al counseling, attraverso il “Maternal Counseling” un metodo rivolto alle donne nella fase della maternità che integra discipline come l’acquamotricità, il massaggio materno e infantile, le tecniche di consapevolezza corporea.

Mamma di Federico, nato nel 2009 e di Gianluca, nato nel 2011.

Quanto deve dormire un neonato?

I neonati, a differenza degli adulti, non sono ancora in grado di gestire correttamente il ritmo circadiano. Pertanto hanno bisogno di dormire anche di giorno, per un totale di 14/17 ore. Man mano che crescono, le ore di sonno necessarie al loro benessere diminuiscono progressivamente per assestarsi, attorno ai sei anni e quindi all’inizio della scuola primaria, attorno alle 7/9 ore di riposo esclusivamente notturno, più o meno come gli adulti.

Una premessa importante: ogni bambino è diverso e ha esigenze diverse, perciò occorre tenere presente che ogni indicazione relativa al numero di ore di sonno, è da considerarsi come indicazione di massima. La realtà concreta non aderisce a rigidi schemi, anche se questi possono fare da riferimento generale.

Finché si nutrono solo con latte materno o in polvere, i neonati generalmente fanno una poppata ogni 2/3 ore, quindi si svegliano ciclicamente seguendo il proprio ritmo alimentare. Non a caso, i primi mesi di vita di un bambino sono anche i più impegnativi per i genitori, che sono costretti a svegliarsi di notte diverse volte per poter nutrire il piccolo secondo le sue esigenze.

Con lo svezzamento le cose “migliorano“, in quanto i cibi solidi donano un senso di sazietà più lungo e, di conseguenza, il piccolo comincerà ad avere un ritmo di sonno/veglia più regolare. A partire dai 6/8 mesi, infatti, la maggior parte dei bambini è in grado di dormire 10 ore continuative di notte con due sonnellini diurni, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio.

Questo schema può essere considerato ideale fino ai 3 anni, quando il piccolo inizierà a frequentare la scuola dell’infanzia. A quel punto il ciclo del sonno ideale del bambino prevede un riposo notturno di 11/12 ore e un sonnellino pomeridiano di 1/2 ore.

Oltre alla quantità del sonno, è importante controllarne anche la qualità... [SEGUE]

Le apnee notturne e  russamento nei bambini

Le apnee notturne e russamento nei bambini

Il tuo bambino russa molto oppure soffre di apnee notturne? Potrebbe trattarsi di apnea ostruttiva.

L’apnea ostruttiva del sonno avviene quando un bambino, di solito tra i due e i sei anni di età, smette brevemente di respirare durante il sonno per il restringimento o il blocco delle vie aeree superiori. La pausa nella respirazione può verificarsi molte volte durante la notte, interrompendo il sonno del bambino.

I muscoli della testa e del collo fanno sì che le vie aeree superiori non si chiudano. Quando un bambino si addormenta, questi muscoli tendono a rilassarsi, quindi a piegarsi e ad avvicinarsi tra loro. Se le vie aeree sono già parzialmente chiuse durante la veglia, addormentarsi può determinarne l’ostruzione totale.

Nei bambini, la causa più comune dell’apnea notturna sono le tonsille e le adenoidi ingrossate. Queste ghiandole si trovano nella parte posteriore e ai lati della gola. Una qualsiasi infezione può provocarne l’ingrossamento e, di conseguenza, bloccare brevemente le vie aeree durante il sonno. Altre cause possono essere, l’obesità, anomalie craniofacciali e disturbi neuromuscolari, la sindrome di Down e la sindrome di Pierre-Robin.

Russare è il sintomo caratteristico dell’apnea ostruttiva del sonno. E’ anche vero, però, che un bambino può russare senza avere problemi respiratori imputabili all’apnea. Altri sintomi da valutare sono: la respirazione con la bocca durante il sonno, tosse, sudorazione notturna, sonnambulismo, sonniloquio (parlare nel sonno), enuresi notturna (bagnare il letto).

I sintomi dell’apnea notturna non si limitano al periodo in cui il bambino dorme, ma estendono i loro effetti anche nelle ore diurne con conseguenze rilevanti sulla vita normale del piccolo.

Il bambino può, infatti, soffrire di sonnolenza diurna, difficoltà a concentrarsi, mal di testa e umore irritabile al mattino, difficoltà a controllare le emozioni. Addirittura possono riscontrarsi problemi comportamentali simili a quelli determinati dall’ADHD ovvero il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

I sintomi dell’apnea ostruttiva del sonno possono essere riconducibili anche ad altre patologie. È opportuno consultare il medico curante per una diagnosi precisa. La diagnosi e il trattamento tempestivo possono evitare complicazioni successive nella crescita e nell’apprendimento cognitivo.

Il trattamento partirà dalla causa dell’apnea e dipenderà dai sintomi, dall’età, dalla salute generale del bambino e dalla gravità della condizione. Può consistere, quindi, in un intervento chirurgico per rimuovere le tonsille e le adenoidi ingrossate; una dieta per fare perdere peso al bambino; l’uso di una maschera speciale che eroga un flusso d’aria costante per mantenere aperte le sue vie aeree; un intervento di espansione mascellare rapida messo in atto da un ortodontista tramite un dispositivo che allarga il palato e le vie nasali.

Fonti

Effectiveness of Adenotonsillectomy vs Watchful Waiting in Young Children With Mild to Moderate Obstructive Sleep Apnea

Linee guida nazionali per la prevenzione ed il trattamento odontoiatrico del russamento e della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in età evolutiva

Bambini e animali domestici: un binomio di successo

Bambini e animali domestici: un binomio di successo

Diversi studi forniscono prove a sostegno del fatto che prendersi cura di animali domestici sia un bene per la salute mentale e fisica dei bambini.

È importante scegliere un tipo di animale domestico adatto all’abitazione e allo stile di vita della famiglia. Inoltre, poiché i bambini molto piccoli (di età inferiore ai 3-4 anni) non hanno la maturità necessaria a controllare i loro impulsi, è opportuno tenerli sempre sotto controllo, per evitare che facciano inconsapevolmente del male all’animale.

Con la supervisione dei genitori, i bambini di età superiore agli 8 anni possono prendersi cura di cani e gatti anche da soli. I genitori fungono da modelli. I bambini, infatti,imparano ad accudire un animale domestico in modo responsabile osservando il comportamento dei genitori.

Crescere con un cucciolo aiuta il bambino ad avere fiducia in se stesso, a relazionarsi con gli altri e a sviluppare sentimenti positivi, come la compassione e l’empatia.

È importante fare alcune considerazioni sull’annosa convinzione che i cani e gatti possano essere causa di allergie infantili. Numerose ricerche sembrano provare esattamente il contrario: stare in contatto costante con un gattino o un cagnolino, potrebbe addirittura ridurre il rischio dell’insorgenza di allergie nei bambini.

Il professor Thomas Platts-Mill dell’Università della Virginia, specialista in allergologia, coadiuvato da colleghi svedesi, è arrivato a dimostrare che i bimbi che vivono insieme a gatti o cani (anche più di due) hanno fino al 77% in meno di probabilità di incorrere in diverse tipologie di allergie all’età di sei anni rispetto ai coetanei che, invece, vivono senza animali. Oltre alle allergie agli animali domestici, gli stessi bambini svilupperebbero, secondo lo studio di Platts-Mill, reazioni allergiche alla polvere e alle erbe in quantità notevolmente inferiore.

Uno studio finlandese, guidato dal dott. Eija Bergroth ha monitorato 397 bambini sin dalla nascita e fino al compimento del primo anno di vita. I bambini con cani in casa sono risultati più sani (nel senso che avevano manifestato meno sintomi o infezioni del tratto respiratorio) rispetto ai bambini senza contatti con cani.

Inoltre, i bambini che avevano contatti con il cane a casa manifestavano otiti meno frequenti e tendevano ad aver bisogno di meno cicli di antibiotici. Nell’analisi, la quantità settimanale e annuale di contatti con i cani è stata associata proporzionalmente a una ridotta morbilità delle malattie infettive respiratorie.

Questi risultati suggeriscono che i contatti con gli animali proteggerebbero i bambini dalle infezioni del tratto respiratorio durante il primo anno di vita. I risultati degli studi citati, pur derivati da semplici osservazioni e non da evidenze cliniche, possono tranquillizzare i genitori che già possiedono un animale domestico e stanno per avere un bambino.

Fonti

Chen CM et al. The role of cats and dogs in asthma and allergy–a systematic review.
Int J Hyg Environ Health. 2010 Jan;213:1-31

Ownby DR et al. Exposure to dogs and cats in the first year of life and risk of allergic sensitization at 6 to 7 years of age. JAMA 2002 Aug 28; 288:963-72.

Gaffin JM et al. Effect of cat and daycare exposures on the risk of asthma in children with atopic dermatitis. Allergy Asthma Proc. 2012 May-Jun;33:282-8.

Bergroth E et al. Respiratory Tract Illnesses During the First Year of Life: Effect of Dog and Cat Contacts. Pediatrics 2012; doi: 10.1542/peds.2011-2825.

Ospedale Bambin Gesù

A misura di Bambino: quanto è sicura casa tua?

A misura di Bambino: quanto è sicura casa tua?

Gli incidenti domestici sono una delle cause principali di danni o eventi fatali per i bambini, soprattutto in età pre-scolare (0-5 anni). Tanto da aver costretto il Ministero della Salute a stilare delle linee guida per i genitori, da tenere presenti per avere tutti gli strumenti atti a rendere la casa sicura per i propri figli.

Per quanto riguarda i neonati occorre prestare particolare attenzione alle cadute dai fasciatoi, sui quali non andrebbero mai lasciati da soli neanche per i pochi secondi necessari a prendere i prodotti per la pulizia o il cambio. Per lo stesso motivo si raccomanda di non mettere mai a riposare i neonati su letti o divani non provvisti di sponda perché, anche se molto piccoli, possono riuscire comunque a rotolare e correre il rischio di cadere.

Un’altra cosa a cui fare estrema attenzione è il bagnetto: i casi di annegamento in vasca, anche quelle omologate per i più piccoli, sono purtroppo in costante aumento. Mai distrarsi mentre il piccolo è in acqua.

Per quanto riguarda i bambini che gattonano, invece, quindi approssimativamente quelli in fascia d’età 6-24 mesi, bisogna prestare particolare attenzione a non lasciare mai alla loro portata oggetti piccoli, che potrebbero essere ingeriti e provocare soffocamento e premurarsi di applicare delle protezioni alle prese elettriche, oggetti da cui i piccoli sono attratti e che rappresentano un grosso rischio per la loro incolumità.

Infine, quando i bambini iniziano a camminare da soli, è necessario mettere la casa in sicurezza per quanto riguarda la copertura di spigoli vivi, pericolosi in caso il bambino cadesse e vi sbattesse la testa contro. È molto consigliato anche l’uso di cancelletti da applicare sulle scale, in modo che in bambini non ancora in grado di scendere e salire in autonomia siano messi al riparo da eventuali cadute.

Un altro consiglio prezioso, da tenere in considerazione in presenza di bambini di qualsiasi età, è quello di non conservare mai detersivi, solventi e medicinali alla loro portata: i casi di avvelenamento sono, purtroppo, molto più frequenti di quello che si possa pensare. Naturalmente, è importante anche chiudere in cassetti dotati di chiave o in armadietti alti, non raggiungibili dai bimbi, tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi come accendini, liquidi infiammabili, coltelli, forbici, corde, fascette, attrezzi da lavoro o qualsiasi cosa non adatta ad essere maneggiata da un bambino piccolo.

Se la tua casa non risponde a tutti questi requisiti di sicurezza poni subito rimedio: bastano pochi, semplici e piccoli accorgimenti e un pizzico di attenzione in più per evitare situazioni drammatiche.

Fonte:

Ministero della Salute, “Bambini sicuri in casa”.

Neonato: quando si può iniziare ad uscire

Molto spesso in ambito pediatrico esistono diversi punti di vista e scuole di pensiero, ma alla domanda se si può portare fuori il neonato, la risposta è nella stragrande maggioranza dei casi Sì.

Su internet si leggono spesso notizie infondate, che possono fare molto più danno di quanto ci si possa immaginare e ci si trova a dover rispondere a mamme che domandano se il neonato deve restare in casa per almeno un mese, perché l’hanno letto su qualche sito con la benché minima ombra di attendibilità.

Vediamo allora qual è Il parere dei pediatri in materia di uscite con il neonato.

Anne Hansen, MD, MPH, del Children’s Hospital Boston, dove ricopre il ruolo di Direttore Medico dell’Unità Neonatale di Terapia Intensiva, alla domanda se sia possibile portare i neonati fuori, ha immediatamente risposto che non ci sono problemi.

L’idea che i bambini debbano restare protetti in casa per alcune settimane dopo la nascita è semplicemente infondata. Basta che il neonato sia sano e non sottoposto a un regime medico in cui è stato esplicitamente detto di non portarlo fuori e seguire alcune semplici precauzioni di buon senso.

Ma come fare per le uscite col neonato? [SEGUE]

Le amiche senza figli: perché è complicato mantenere i rapporti dopo la maternità?

Le amiche senza figli: perché è complicato mantenere i rapporti dopo la maternità?

La nascita di un figlio è uno dei momenti più importanti della vita di una donna che inevitabilmente comporta un cambiamento radicale delle proprie abitudini e che spesso, anzi la maggior parte delle volte, conduce anche ad una rivalutazione di numerosi rapporti d’amicizia.

Dunque, una domanda sorge spontanea: perché dopo la maternità è complicato e difficile mantenere stabile e vivo un rapporto con amiche che non hanno figli? La risposta è semplice: spesso è difficile comprendere come i ritmi di vita di una madre possano cambiare, soprattutto per chi di figli non ne ha.

Una piccola premessa è d’obbligo: ogni donna deve sentirsi libera di scegliere se avere o meno dei figli, ma allo stesso modo, tutte le donne devono comprendere come le esigenze di vita cambiano quando una nuova vita viene al mondo.

In base al tipo di comportamento assunto, è possibile classificare le amiche senza figli in diverse tipologie di amiche senza figli

  • L’amica comprensiva: colei che, essendo empatica, comprende qualsiasi situazione, capisce la tua posizione e nonostante le tue assenze e gli appuntamenti mancati è sempre presente e pronta a darti un supporto e ad offrirti una mano a cui aggrapparti nei momenti di necessità…
  • La giudicante: ecco, forse lei è quel tipo di amica da cui prendere le distanze. Si tratta di quell’amica che ha deciso di improntare la propria vita su altro, prendendo la difficile decisione di non volere figli ma che, nonostante ciò, fa sentire te come quella sbagliata e inadatta: non perdendo occasione per “bacchettarti”, dispensando ottimi (secondo lei) consigli su come gestire la tua vita di mamma.
  • La nostalgica: ultima ma non per importanza, c’è colei che ti travolgerà nei momenti pre-concepimento. Proverà ad allontanarti dalla realtà per ricordarti dei momenti divertenti vissuti insieme prima del parto. Ricordandoti la forza che hai dentro, ma soprattutto che sei ancora una donna viva e in grado di divertirti ad una serata tra donne senza la paura di voler tornare a casa dopo aver varcato la porta di casa. Insomma, lei sarà il tuo salvavita nei momenti di stress e tristezza.

La nascita di un figlio cambia il mondo di una madre, ma ogni cambiamento è fonte di bellezza e felicità e in questo caso anche una fonte incondizionata di amore. Ma questo significa che una madre non avrà mai tempo per stare con delle amiche o per fare nuove conoscenze? La risposta è no.

La solitudine fa male, anzi, fare delle nuove amicizie o provare a mantenere vive quelle storiche è un’ottima idea, soprattutto perché una donna oltre ad essere una madre è anche un’amica, amante, moglie e tanto altro. Allontaniamo le amicizie tossiche, di amiche che ci hanno sempre giudicate e mai comprese, guardate con gli occhi dell’invidia e mai di ammirazione e gratitudine e diamo il benvenuto a donne che ci sostengono, nonostante non siano ancora madri.

Fonti

Le Mamme e le amiche

Il fenomeno delle amiche senza i figli

Gli amici senza figli: perdere un sacco di amici quando si diventa genitori

L’istinto materno esiste davvero?

Il mito della “buona madre” si fonda tutto sull’esistenza dell’istinto materno: una sorta di capacità innata secondo la quale la donna ha una naturale propensione ad accudire i bambini senza mai sbagliare, sentire la fatica o peggio lamentarsi delle difficoltà legate al ruolo.

L’idea di istinto materno, come di una caratteristica che riguarda la donna in generale, definendo la sua identità, ha fatto assumere alla maternità stessa una funzione di completamento nel percorso di vita della donna (che pertanto se non è madre è donna a metà) e ha finito con il relegarla in casa oppure in ruoli subordinati…

Ma che cosa sono gli istinti? Partiamo proprio da questo. Dalla definizione riportata da William James, gli istinti sono una tendenza innata ad avere un determinato comportamento, senza che a monte si trovi formazione o una decisione vincolante. L’istinto materno sarebbe perciò il bisogno di avere bambini e una misteriosa abilità di allevarli in maniera automatica.

Da molte definizioni addirittura si desume che questo ipotetico istinto sia frutto di una predisposizione biologica ereditaria e non consentire il suo manifestarsi si tradurrebbe in comportamenti innaturali e anormali.

Dalle ricerche effettuate da Sarah Blaffer Hrdy, proiatologa e antropologa americana, l’uso della locuzione istinto materno sarebbe controproducente per i bambini. Studi sui languri e tamarini, primati poco noti al grande pubblico, emergono molti comportamenti delle femmine nei confronti della prole, legati alle condizioni ambientali e perciò appresi… non istintuali, appunto.

Secondo la Hrdy in presenza di un eventuale istinto materno… [SEGUE]

Bambini: no schermi fino ai 2 anni

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i neonati e i bambini non dovrebbero passare del tempo davanti agli schermi di tablet, pc o smartphone. Le raccomandazioni fanno parte di linee guida più ampie sull’attività fisica, il sonno e il comportamento sedentario che incoraggiano una maggiore attività fisica a partire dalla prima infanzia.

Per prevenire patologie future, in primis l’obesità infantile (e tutte le eventuali patologie connesse), e assicurare ai futuri adolescenti e adulti, un livello soddisfacente di benessere psico-fisico, è indispensabile diminuire la sedentarietà, incoraggiare l’attività fisica e assicurare una buona qualità del sonno nei bambini sin da piccolissimi.

I dati sulla sedentarietà degli adolescenti (80%) e degli adulti (23%) e sulle gravi conseguenze che ne derivano (oltre 5 milioni di decessi all’anno nel mondo per malattie collegate) sono illuminanti sulla necessità di abituarsi a uno stile di vita corretto a partire già dai primi due anni di vita.

Fondamentale, quindi, impegnare i bambini con giochi attivi, assicurandosi, al contempo, che il loro sonno sia sufficiente e di buona qualità.

Da uno studio, che ha interessato più di 500 bambini, pubblicato sulla rivista The Lancet Child and Adolescent Health nel gennaio del 2020 si evince che i bambini di età compresa tra i due e i tre anni che trascorrono più di tre ore al giorno davanti a qualsiasi tipo di schermo (tablet, pc, TV), all’età di 5 anni sono fisicamente meno attivi rispetto ai coetanei che, invece, utilizzano lo schermo per un’ora o meno ogni giorno.

rofessore Associato… [SEGUE]

L’allattamento prolungato può prevenire l’obesità

Una domanda ricorrente delle neomamme è la possibilità di prevenire il rischio di obesità futura grazie anche all’allattamento al seno.

Ci sono ipotesi fisiopatologiche che correlano le componenti protettive del latte naturale con l’abbassamento dell’incidenza di casi di sovrappeso patologico.

Il plasma dei bambini che presenta una più alta concentrazione di insulina e un precoce sviluppo di iperlipemia, si correla a stati di ipertensione arteriosa e diabete mellito oltre che insulinoresistenza e ha notevoli ripercussioni sociali ed economiche.

L’allattamento al seno è dunque protettivo contro l’obesità infantile? La rivista MeSH di PubMed ha pubblicato una revisione sistematica del luglio 2004 di alcuni articoli, il primo dei quali è a firma Arenz S, Ruckerl R, Koletzko B.

Da questo studio risulta che che i bambini che sono stati allevati con latte artificiale presenterebbero un deposito adiposo eccessivo, mentre quelli allattati al seno hanno una riduzione dei livelli di leptina e un maggior grado di autoregolazione dell’assunzione calorica, che porta a un minor introito alimentare.

Per la salute pubblica l’obesità infantile è…. [SEGUE]