Il dolore nel neonato

Fino a qualche decennio fa, si credeva, incredibilmente, che i neonati quasi non avvertissero il dolore. I ricercatori presumevano che nei neonati i ricettori del dolore non fossero completamente sviluppati e che i bambini reagissero alle sollecitazioni dolorose solo con spasmi muscolari: reazioni automatiche, quindi, non riconducibili a sensazioni spiacevoli.

Basandosi su quest’assunto, si sottoponevano i bambini piccoli ad alcuni interventi di chirurgia senza la somministrazione di anestetici. I farmaci antidolorifici, considerati rischiosi, venivano evitati nella convinzione che i neonati fisiologicamente non percepissero sensazioni di sofferenza nella stessa misura degli adulti. Il dolore dei bambini era notevolmente sottostimato.


In realtà, studi recenti, hanno dimostrato che le connessioni cerebrali che presiedono alla percezione del dolore, sono formate completamente sin dalla nascita. Infatti, si è accertato che lo stimolo doloroso, negli adulti attiva 20 regioni del cervello, nei neonati 18: una differenza minima che sovverte ogni ipotesi precedente.


Aver accertato che il cervello dei bambini elabora effettivamente il dolore, ha rivoluzionato il trattamento medico dei neonati, in particolare dei nati prematuri e dei bambini che hanno bisogno di cure mediche intensive.
Poiché i bambini non riescono a esprimere, a comunicare quanto intenso sia il dolore che provano nelle diverse circostanze, gli scienziati hanno concentrato la loro attenzione sull’individuazione di metodi atti a misurarne la percezione da parte dei neonati.


I ricercatori clinici hanno riscontrato e analizzato alcune loro reazioni, da quelle fisiologiche (cambiamenti nella frequenza cardiaca o respirazione) a quelle ormonali (rilascio del cortisolo, l’ormone dello stress) o comportamentali (pianto o smorfie). Una valutazione basta sulle tre tipologie di reazioni, consente di misurare l’intensità del dolore nel bambino.

Ci sono molte possibili cause di dolore nei neonati, tra cui… [SEGUE]

Il Pianto del Neonato

I bambini appena nati non hanno possibilità di comunicare i propri bisogni e le proprie necessità con parole o movimenti precisi, l’unico strumento a loro disposizione è rappresentato dal pianto. Piangere è un atto che accomuna tutti i neonati e i bambini di ogni cultura ed etnia e soprattutto nelle prime 6-8 settimane di vita è una manifestazione molto frequente, si stima che un neonato pianga da un’ora e mezza a due ore senza motivo apparente; passate le prime settimane la frequenza e l’intensità del pianto tendono a diminuire.

Comprendere la natura e le ragioni del pianto di un neonato può essere difficile e frustrante per i genitori o per chiunque se ne prenda cura. I motivi che scatenano questa risposta naturale sono numerosi: da un bisogno fisico preciso (il bambino vuole mangiare, essere preso in braccio, ha qualche tipo di dolore o fastidio) a motivi di più difficile comprensione legati alla necessità di sfogare una tensione di tipo fisico o psicologico.

Sono distinguibili diverse tipologie di pianto:

  • Pianto base: caratterizzato da vocalizzazioni ritmiche e ripetitive, rappresenta lo stimolo della fame.
  • Iperfonazione: è il tipico pianto da dolore, caratterizzato da un grido iniziale e da un lungo trattenimento del respiro.
  • Pianto turbolento: è il tipico pianto di rabbia con vocalizzazione forte e prolungata.

Riconoscere queste diverse tipologie e capire come gestirle… [SEGUE]