Telepediatria: la nuova frontiera delle cure per la prima infanzia

Telepediatria: la nuova frontiera delle cure per la prima infanzia

Le prime esperienze di telemedicina risalgono addirittura agli inizi del Novecento, ma è con la pandemia di questo periodo che si è scoperta davvero l’importanza e la potenzialità di questa speciale disciplina. E non poteva di certo mancare, tra le varie specializzazioni, anche quella pediatrica.

Facciamo, innanzitutto, un po’ di chiarezza. La telepediatria è la possibilità di condividere dati clinici e medici anche a grande distanza per migliorare la condizione di salute dei pazienti che, in questo caso, sono dei bambini e dei ragazzi. Per fare tutto ciò si ricorre all’utilizzo delle più moderne vie di telecomunicazione.

Sicuramente c’è una vena di scetticismo da parte di molte persone nei confronti di questa particolare pratica medica e sicuramente è impensabile credere di eliminare in tutto e per tutto la medicina tradizionale con questa più innovativa.

Non si può però negare che la telepediatria può portare a numerosi vantaggi e risolvere anche grossi problemi. Riesce, ad esempio, a ridurre notevolmente i tempi di intervento e a creare una fitta rete capillare di screening. Riesce, poi, a facilitare il consulto e lo scambio di informazioni tra professionisti presenti in luoghi differenti e di rilevare i dati clinici dei pazienti direttamente dalle loro abitazioni.

Naturalmente, per riuscire a creare un servizio di qualità ed efficiente è fondamentale l’attività di organizzazione di base, una corretta formazione di tutti i professionisti sanitari coinvolti, ma anche dei piccoli pazienti e delle loro famiglie.

Un errore da non commettere, però, è quello di credere che la telepediatria sia uno strumento da utilizzare in caso di emergenza e difficoltà, proprio come è avvenuto di recente con la pandemia. Anzi, questa pratica medica deve diventare parte della routine e della quotidianità.

Molti genitori obiettano, però, che questo tipo di medicina a lungo andare elimina il rapporto tra il paziente e il medico che, ancor più nel caso dei bambini, è fondamentale. In realtà non è così, anzi se la telepediatria viene organizzata e gestita in maniera corretta e funzionale, la relazione tra professionista sanitario e interlocutore può diventare ancora più stretta perché è molto più rapida, quasi immediata e possibile praticamente in qualsiasi momento e luogo.

Nel caso particolare, poi, del paziente pediatrico, può essere notevolmente ridotto il senso di paura nei confronti del ‘camice bianco’ e può essere quasi fatta vivere al piccolo come un gioco.
Purtroppo ad oggi, però, non esiste ancora una normativa precisa e specifica che regolamenti l’attività di telemedicina e telepediatria.

Fonti

Perché la Pediatria deve pensare alla telemedicina

Prove tecniche di telepediatria

ISS: Telepediatria, raccomandazioni e indicazioni su come gestire il paziente pediatrico con l’ausilio della medicina online

La telepediatria: prime indicazioni operative dagli USA

Bambini: educare all’amicizia

Bambini: educare all’amicizia

L’amicizia è un fatto imponderabile, indefinibile in tanti suoi aspetti, ma una cosa è certa, inizia a farsi vedere dai primi anni dell’infanzia e sa crescere a volte per tutta la vita.

Difficile dare una definizione, ma l’amicizia è un fattore che tutti conosciamo e di cui godiamo, un rapporto universale con alcune caratteristiche più o meno sempre presenti, come intensità, reciprocità e un aiuto a dirimere i problemi in modo pacifico, ma senza imposizioni.

Negli anni ’70 gli studiosi dello sviluppo tendevano a negare la capacità dei bambini di creare relazioni significative amicali, ponendo quelle con la madre come principale e dominante. Per la psicanalista Susan Isaacs i rapporti fra bambini erano solo derivanti da un approccio egoistico.

Studi recenti come quelli di Baumgartner e Bombi (2005) sembrano ribaltare la prospettiva affermando che fra i 3 e 6 anni i bambini sanno già costruire rapporti con i coetanei senza la mediazione di un adulto.

L’amicizia cambia con le fasi della vita. Dai 3 ai 5 anni l’amico è sempre momentaneo, una sorta di avversario con cui si instaura una tregua di gioco, secondo le teorie di Rubin del 1998, ma il rapporto si interrompe se mancano le condizioni sicure.

Per gli adulti l’amicizia è alla base di una formazione del carattere e del rapporto con gli altri, ma è un aspetto che si apprende da bambini, con la crescita dell’autostima e della percezione dei confini nelle relazioni.

Gli adulti possono formare il bambino all’amicizia, interagendo con lui in modo empatico e sano, aiutandolo a sviluppare bisogni e limiti e ponendosi come modello delle relazioni amicali, mostrando un buon comportamento nei rapporti di questo tipo fra adulti.

Possono anche svolgere il ruolo di facilitatori, invitando amici e candidati per appuntamenti di gioco. Inoltre possono svolgere un ruolo soft di arbitro, spingendo alla ricerca di una soluzione pacifica e con autocontrollo, ma senza dare un giudizio in ambiti che non sono di loro pertinenza.

Le amicizie sono anche il punto di partenza per creare una relazione con chi è differente, perché in assenza di preconcetti e tabù i bambini possono relazionarsi anche con compagni di strati sociali differenti, di nazionalità diverse, anche grazie ad un forte linguaggio non verbale che caratterizza giocoforza le loro prime amicizie, gettandole basi per diventare adulti stabili e capaci di interpretare i comportamenti di chi hanno davanti e di capirne bisogni esigenze e anche i limiti.

Fonti

Children’s friendships

Judy Dunn, 2006, L’amicizia tra bambini

Emma Baumgartner, Anna Silvia Bombi, 2005, Bambini insieme. Intrecci e nodi delle relazioni tra pari in età prescolare

L’amicizia tra bambini: un valore importante

Mille giorni per decidere il corso della vita

Mille giorni per decidere il corso della vita

Le esperienze di un bambino nei primi mille giorni di vita, dal concepimento all’età di due anni, possono avere un effetto permanente sulla sua salute e sul suo benessere. In questo lasso di tempo, lo sviluppo e la crescita del bambino seguono un percorso straordinario secondo un ritmo che non si ripeterà più.

Le cose giuste fatte nel modo giusto avranno un impatto profondo e duraturo nella vita del bambino e dai eventuali errori potrebbero scaturire conseguenze negative di difficile recupero.

Mille giorni che, in un opuscolo pubblicato a luglio dall’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, sono definiti come una straordinaria finestra di opportunità.

Dopo la nascita, l’ambiente, l’alimentazione e le relazioni sono, infatti, determinanti per la salute e il benessere dei piccoli. Essere affamati o essere esposti a stress o abusi durante i primi due anni di vita può avere un effetto permanente sullo sviluppo e influire negativamente sulla salute fisica perfino in età avanzata.

La giusta dieta nei primi mille giorni aiuterà a sviluppare correttamente l’apprendimento, le capacità fisiche e le emozioni del bambino. Una cattiva alimentazione durante la gravidanza e nei primi anni di vita può portare in età adulta a obesità, malattie cardiache e ictus.

Per garantire al bambino il miglior inizio possibile di vita, è importante, quindi, seguire una dieta sana durante la gravidanza e allattare, quando possibile, al seno per almeno 6 mesi. Una volta che il bambino inizia a mangiare cibi solidi, lo si deve aiutare a sviluppare abitudini alimentari sane che lo accompagneranno per tutta la vita.

La ricerca ha dimostrato, inoltre, che se una madre è molto stressata durante la gravidanza e durante la prima infanzia, ciò può influenzare il sistema nervoso e lo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino.

Nei primi mille giorni, relazioni amorevoli e sicure sono vitali. È attraverso di esse che i bambini imparano a pensare, capire, comunicare, manifestare le emozioni e comportarsi. Le relazioni influenzano il modo in cui i bambini si approcciano al mondo e il modo in cui s’inseriscono nella società. Giocare, cantare, leggere e parlare con il bambino sono tutte attività importanti per aiutarlo a sentirsi al sicuro e amato.

I primi mille giorni sono un periodo di rapida crescita fisica e mentale, un’opportunità unica per creare le basi del benessere e dell’intelligenza del bambino. Le azioni che si compiono in questa finestra temporale si ripercuotono per tutta la vita del bambino: è importante, soprattutto per i genitori, tenerlo bene a mente.

Fonte:

Ospedale Bambino Gesù

Bambini: no schermi fino ai 2 anni

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i neonati e i bambini non dovrebbero passare del tempo davanti agli schermi di tablet, pc o smartphone. Le raccomandazioni fanno parte di linee guida più ampie sull’attività fisica, il sonno e il comportamento sedentario che incoraggiano una maggiore attività fisica a partire dalla prima infanzia.

Per prevenire patologie future, in primis l’obesità infantile (e tutte le eventuali patologie connesse), e assicurare ai futuri adolescenti e adulti, un livello soddisfacente di benessere psico-fisico, è indispensabile diminuire la sedentarietà, incoraggiare l’attività fisica e assicurare una buona qualità del sonno nei bambini sin da piccolissimi.

I dati sulla sedentarietà degli adolescenti (80%) e degli adulti (23%) e sulle gravi conseguenze che ne derivano (oltre 5 milioni di decessi all’anno nel mondo per malattie collegate) sono illuminanti sulla necessità di abituarsi a uno stile di vita corretto a partire già dai primi due anni di vita.

Fondamentale, quindi, impegnare i bambini con giochi attivi, assicurandosi, al contempo, che il loro sonno sia sufficiente e di buona qualità.

Da uno studio, che ha interessato più di 500 bambini, pubblicato sulla rivista The Lancet Child and Adolescent Health nel gennaio del 2020 si evince che i bambini di età compresa tra i due e i tre anni che trascorrono più di tre ore al giorno davanti a qualsiasi tipo di schermo (tablet, pc, TV), all’età di 5 anni sono fisicamente meno attivi rispetto ai coetanei che, invece, utilizzano lo schermo per un’ora o meno ogni giorno.

rofessore Associato… [SEGUE]