Svezzamento: meglio omogeneizzati o cibi freschi?

Svezzamento: meglio omogeneizzati o cibi freschi?

Secondo una ricerca gli omogeneizzati industriali avrebbero un valore nutritivo molto inferiore rispetto ai cibi freschi e ai pasti preparati a casa.

Molti omogeneizzati contengono, infatti, una enorme quantità di zuccheri inutili, oltre a essere consigliati, in modo a dir poco azzardato, per l’alimentazione dei bambini a partire dai quattro mesi di età. Secondo le linee guida sullo svezzamento, i bambini dovrebbero, invece, cominciare ad assumere cibi solidi, oltre al latte materno o artificale, intorno ai sei mesi.

Lo svezzamento è spesso anticipato forzatamente proprio perché le mamme sono indotte in errore dalle etichette di alcuni alimenti per la prima infanzia, contrassegnati come adatti dai quattro mesi in poi.

Gli esperti del dipartimento di nutrizione umana dell’Università di Glasgow hanno analizzato una vasta gamma di alimenti per l’infanzia prodotti dai principali produttori del Regno Unito valutandone le informazioni nutrizionali (calorie, grassi, ferro e calcio).

Dei 479 alimenti esaminati, quasi la metà (il 44%, per la precisione) erano destinati a bambini a partire dai quattro mesi. I ricercatori hanno rilevato che il contenuto calorico degli alimenti al cucchiaio è, in media, di 282 kJ (67 calorie) per 100 g, quasi identico al latte artificiale (283 kJ per 100 g di formula). La differenza dei prodotti industriali con gli alimenti naturali non risiede, quindi, nell’apporto calorico, ma nella qualità dei nutrienti.

Gli alimenti commerciali, infatti, rispetto a quelli fatti in casa, sono risultati ricchi di zuccheri e carenti di ferro.

L’eccesso di zuccheri a partire dalla tenerissima età può avere conseguenze spiacevoli: i bambini, abituandosi a un gusto dolce e deciso, potrebbero sviluppare una poco salutare avversione verso cibi meno saporiti, ma più sani.

Molti genitori, per vari motivi, trovano comodo ricorrere ai prodotti preconfezionati, senza considerare che la preparazione dei cibi, oltre a essere migliore qualitativamente, è anche economicamente conveniente, sebbene più dispendiosa in termini di tempo.

Gli alimenti per l’infanzia fatti in casa sono realizzati con ingredienti freschi che conservano intatto il proprio contenuto di sostanze nutritive. Inoltre, la preparazione di passati di verdura, verdura, carne e pesce, grazie agli elettrodomestici moderni, si è enormemente semplificata.

Abituare i bambini a una alimentazione naturale sin dalla più tenera età significa educare il loro gusto a cibi sani con conseguenti benefici sulla loro salute in età adulta. L’uso, invece, di soli prodotti industriali sortirà necessariamente l’effetto opposto.

Fonti

The types of food introduced during complementary feeding and risk of childhood obesity: a systematic review

Complementary feeding and the early origins of obesity risk: a study protocol

Starting solid foods

Neonati: gli incredibili effetti dell’acqua

Neonati: gli incredibili effetti dell’acqua

I neonati provengono da un ambiente che si potrebbe definire acquatico e questa impronta sensoriale rimane solida per i primi mesi nella loro percezione. L’acquaticità offre gradi vantaggi per lo sviluppo

Spesso i bambini in età scolare hanno paura dell’acqua e di affrontare mere e piscina, ma se si comincia sin dai primi mesi a farli familiarizzare con questo mezzo è tutto più facile e naturale: le paure scompaiono e, con esse, i rischi di annegamento, anche in età adulta.

Per i bambini che hanno frequentato corsi in piscina fra 1 e 4 anni il rischio scende dell’88%: questo in base ad uno studio recente; mentre in base ad un’indagine analoga svoltasi in Cina, si parlerebbe solo del 40%; in ogni caso sono dati confortanti

I corsi di solito partono dai 4 mesi e vanno avanti fino ai 3 anni per insegnare tecniche natatorie e per aiutare i genitori a sviluppare un rapporto fisico coi figli in questo mezzo, ma anche fuori, con attrezzi galleggianti, ma anche soltanto stando insieme in vasca.

Tra i vari stimoli motori, il cross patterning laterale, per costruire legami neuronali legati al coordinamento, che aiutano nella lettura, nel linguaggio e nella consapevolezza spaziale.

Secondo uno studio della Griffith university australiana i bambini fra i 3 e i 5 anni che hanno fatto corsi in acqua hanno uno sviluppo verbale anticipato di 11 mesi rispetto ai coetanei, 17 per la memoria e 20 per l’orientamento spaziale.

Inoltre i bambini che hanno seguito i corsi, con o senza genitori, hanno meno difficoltà ad adattarsi a nuovi ambienti e situazioni, imparando a interagire meglio con oggetti sconosciuti o la cui forma appaia poco correlata con la funzione.

Fonti

“The Early Years Swimming Project”

Association between swimming lessons and drowning in childhood: a case-control study

Children’s Health Team. (2017). Kids can drown even after leaving the pool: Here’s how to avoid it.

Delayed symptoms of drowning: Know the signs. (2015).

Università dell’acqua

Il latte materno è come un vaccino

Il latte materno è come un vaccino

L’analisi di innumerevoli casi, nel corso degli ultimi due anni segnati dalla pandemia da Covid 19, ha dimostrato che il virus non si trasmette dalle madri positive ai neonati.

I bambini hanno, dunque, delle difese immunitarie che li proteggono dal contagio. Ma quale meccanismo si innesca perché tali difese si attivino?

La risposta a questo interrogativo potrebbe essere emersa da una recentissima ricerca dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, condotta in collaborazione con il Politecnico Umberto I, i cui risultati, pubblicati sulla rivista scientifica JAMA Network Open, evidenziano il ruolo cruciale del latte materno nella formazione delle difese immunitarie dei bambini contro il Covid.

Lo studio ha esaminato 28 neomamme, non vaccinate e positive al Coronavirus, nel periodo in cui si avvicinavano al parto, e i loro bambini nati tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021.

Attraverso la placenta, le madri trasferiscono ai neonati i propri anticorpi di tipo IgG (le cosiddette immunoglobuline), sviluppatisi a seguito di proprie infezioni o precedenti vaccinazioni.

Tramite il latte materno, la madre trasferisce anche gli anticorpi IgA, noti anche come mucosali (perché si formano nelle mucose materne) e proteggono il neonato da raffreddore e influenza.

La ricerca del Bambin Gesù si è basata sull’esame della presenza di anticorpi IgG e IgA contro il Covid19 nel sangue e nel latte delle madri e nel sangue e nella saliva dei loro bambini. Gli esami sono iniziati a solo due giorni da parto e sono continuati per due mesi.

Si è scoperto che le immunoglobuline, a due giorni dal parto, erano presenti nel latte materno, ma non nel sangue delle madri, a riprova del fatto che la reazione delle mucose è immediata e veloce a differenza della risposta sistemica del corpo umano.

Nel sangue dei neonati gli anticorpi contro il SARS COV 2 non sono stati rilevati né nei due giorni successivi al parto, né dopo i due mesi. Essendone, infatti, priva al momento del parto, la madre non poteva trasmetterle al bambino tramite la placenta.

Sorprendentemente, nella saliva dei neonati, invece, gli anticorpi contro il covid sono stati rilevati sia dopo 48 ore, sia dopo due mesi dal parto.

La dottoressa Rita Carsetti, responsabile di Diagnostica di Immunologia al Bambino Gesù, spiega che le immunoglobuline delle madri infettate, combinate con la proteina “Spike” del virus, costituiscono un “immuno-complesso”, una particolare molecola che si trasferisce ai bambini con il latte materno stimolando la produzione di anticorpi contro il covid.

È come se il latte materno avesse svolto nei confronti dei bambini appena nati la funzione di un vaccino naturale, aiutandoli a produrre in modo autonomo le proprie difese immunitarie, oltre che a proteggerli passivamente dal contagio.

Fonti:

BAMBINO GESU’: Comunicato stampa del 5/11/2021

Il latte materno stimola le difese anti Covid-19 dei neonati

Lavaggi nasali: servono o sono rischiosi?

Tanto odiati dai bambini ma procurano un sollievo immediato in caso di raffreddore, sono veloci, economici e ritenuti generalmente privi di effetti collaterali. Stiamo parlando dei lavaggi nasali, utilizzati per liberare il nasino dei neonati da muco e catarro. Ma sono davvero sicuri e innocui per le mucose dei bambini più piccoli? Facciamo un po’ di chiarezza.

Nel 2016, in seguito al decesso di una bambina torinese di due mesi e mezzo, alcuni pediatri hanno puntato il dito contro la pratica quotidiana dei lavaggi nasali. La piccola infatti era svenuta durante il bagnetto, nel momento in cui la mamma le stava liberando il nasino, tramite il classico lavaggio nasale.

Alcuni esperti affermarono che questa pratica, a prima vista semplice e totalmente innocua, non era priva di rischi soprattutto se effettuata in modo scorretto o con troppa energia. A far la differenza, secondo i pediatri, era anche la temperatura della soluzione stessa che, se troppo fredda, poteva scatenare una reazione paragonabile a un’immersione in acqua fredda. Lo shock termico avrebbe impedito il respiro nelle prime vie aeree superiori, il conseguente rallentamento del battito cardiaco e lo svenimento del piccolo.

Questo clima di generale allarmismo, nato dalla tragedia della piccola, è stato ridimensionato nel corso degli anni. Lo studio “Nasal saline irrigation in children: a study of compliance and tolerance” pubblicato su PubMed, ha affermato che la maggior parte dei bambini tollera con successo l’irrigazione nasale.

Anche nel nostro Paese sono intervenuti alcuni esperti per confermare l’efficacia e la sicurezza del lavaggio nasale. Roberto Cutrera, direttore dell’unità di bronco-pneumologia all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Secondo lo specialista, non sussiste nessun pericolo nei lavaggi nasali a patto ovviamente di eseguirli nella maniera corretta.

Nei piccoli fino a 18 mesi è consigliabile… [SEGUE]

Vita da Neomamma: quello che nessuno ti aveva detto prima

Vita da Neomamma: quello che nessuno ti aveva detto prima

La nascita di un bambino sconvolge inevitabilmente ritmi e orari di tutta la famiglia e, in particolare, della neo mamma che, dopo i lunghi nove mesi di gravidanza, si trova ad affrontare una vita completamente diversa, una vita nuova di cui, se è al primo figlio, sa molto poco. La mancanza di esperienza causa ansia e preoccupazione nonostante la felicità per l’arrivo del neonato.

Nelle settimane subito dopo il parto, gli ormoni, aumentati durante la gestazione, continuano a produrre i loro prodigiosi effetti regalando alle neo mamme energie straordinarie che consentono loro di adattarsi alla nuova routine e, allo stesso tempo, lunghi momenti di sconforto e tristezza difficili da gestire. Le prime sei settimane con un neonato sono una serie infinita di continui alti e bassi per qualsiasi genitore: alti e bassi importanti e intensi che lasciano il segno per sempre.

Il primo scoglio è alimentare il piccolo. Allattare al seno, per quanto naturale, non è così facile come sembra. Alcune donne fanno fatica le prime volte, tendono ad irrigidirsi appena il bambino apre la bocca e rendono l’operazione snervante e logorante.

Nonostante gli ormoni e l’eccesso di adrenalina dovuto al cambiamento tanto atteso, la stanchezza e la privazione del sonno, inevitabile per le poppate, si fanno sentire. Il poco sonno sembra quasi rubato alla cura del neonato e privato per questo dell’innato effetto ristoratore.

Tutto ciò che riguarda il bambino si trasforma in un evento straordinario che provoca agitazione. È il caso del primo bagnetto con l’ansia per la temperatura giusta dell’acqua e per la paura di far scivolare il piccolo.

Abituarsi alla cura del neonato è impresa ardua. Su tutto emerge il fatto che il tempo non appartiene più alla mamma, ma è scandito dai bisogni e dagli orari del bambino. Può aiutare, in alcuni casi, frequentare un gruppo di neomamme per rendersi conto di non essere le sole a sentire il peso del cambiamento.

Dopo un po’, si instaura, comunque, una nuova normalità, con rituali ben definiti che regalano alla neomamma serenità e la sensazione di riappropriarsi del controllo della propria vita che sembrava smarrito subito dopo il parto.

Le prime settimane dopo la nascita del bambino sono sicuramente un periodo estenuante e sconvolgente, ma tutto si ricompone, secondo un ordine nuovo, dopo poco tempo. Le incombenze quotidiane, il sonno perso, la stanchezza sono ripagate dai versetti teneri del bimbo, dalle sue smorfiette, dagli odori dolci e, dopo qualche settimana, dai primi sorrisi.

Fonti

A Day in the Life of a New Mom

‘What do new mothers do all day?’

What Life as a New Mom Is Really Like

Intrattenere un neonato giocando

Intrattenere un neonato giocando

Gioco e neonato sembrano due concetti antitetici perché siamo convinti che il bimbo sia troppo piccolo per sperimentare un’attività ludica finalizzata all’apprendimento.

In realtà le cose non stanno così: la mente e il corpo del bambino si stanno sviluppando velocemente e in modo sorprendente. Durante il primo mese di vita il piccolo apprende e impara grazie all’interazione con i genitori. Ma come si fa a giocare con un neonato?

Durante il primo mese di vita, la pancia di mamma e papà è più interessante e stimolante di un parco giochi. Gli esperti consigliano infatti di mettere il bambino sulla pancia, quando è sveglio, più volte al giorno. Il focus di questa coccola-esercizio è aiutarlo a sviluppare le prime capacità motorie che coinvolgono anche la testa.

E se il bimbo non ama questa posizione? L’alternativa è sdraiarlo accanto a voi su un pavimento, incoraggiandolo a sollevare la testa con l’ausilio di un asciugamano morbido da mettere sotto il suo corpo per agevolarne i movimenti.

Il bambino alla nascita è dotato di alcuni riflessi involontari che gli garantiscono senza dubbio la sopravvivenza ma non dobbiamo sottovalutare la loro importanza in termini di interazione con il mondo esterno.

Se proviamo a toccargli una guancia appena nato, il piccolo si girerà istintivamente verso quel lato, pronto a nutrirsi: è un semplice riflesso, chiamato di radicazione. Se invece stimoliamo il piccolo con il gioco, nel giro di 3/4 settimane, inizierà a girarsi non per un semplice riflesso ma perché avrà imparato che in quella direzione trova del cibo. È una piccola conquista a metà strada tra l’orientamento temporale e la consapevolezza.

Non sottovalutiamo l’importanza del linguaggio, anche se ci può sembrare prematuro nei primi mesi di vita. In realtà i piccoli iniziano a collegare il suono della voce al volto ed è proprio quel suono che li spinge a essere più attivi e vigili. Non ha importanza quello che diciamo ma il modo.

Parliamo di qualsiasi cosa ma cerchiamo di intrattenerlo il più possibile con la nostra voce: il piccolo ascolta, collega e impara. Sotto questa ottica anche cantare diventa uno strumento indispensabile perché crea un apprendimento rapido e piacevole. Il bambino, grazie a questi piccoli gesti, impara a sua volta a comunicare.

Nei primi mesi di vita è necessario fornire al neonato una stimolazione che passa attraverso l’utilizzo di piccoli sonagli, giocattoli musicali o tramite la lettura di un libro colorato, uno strumento ideale per continuare a far sentire la nostra voce al bambino, modulando anche il tono e l’intensità.

Fonti

Learning, Play, and Your Newborn

Am I Doing Enough With My Newborn?

Lista nascita consapevole: cosa serve realmente al neonato?

Lista nascita consapevole: cosa serve realmente al neonato?

Negli ultimi anni si stanno diffondendo sempre più le liste nascita, del tutto paragonabili alle più conosciute liste nozze. Si tratta di veri e propri elenchi di oggetti e articoli di vario tipo che i neo genitori preparano presso un negozio o in un sito internet perché amici e parenti possano fare un regalo al bimbo che arriverà.

Non è così semplice, però, decidere quali prodotti scegliere perché il marketing e la pubblicità troppo spesso influenzano in maniera eccessiva la nostra vita di tutti i giorni. Anche l’ansia, l’inesperienza e la paura di non dare al proprio bambino il meglio possono essere determinanti.

Se ci pensiamo bene, in fin dei conti, un neonato ha ben pochi bisogni, e tutti primari, perciò il suo corredino non dovrebbe essere così difficile da costruire.

Ecco perché la prima regola che si deve tenere ben presente è il non farsi prendere dal consumismo e dalla moda. Un’altra norma da mantenere ben presente è quella di non farsi prendere dalla frenesia di voler acquistare tutto e subito ancora prima che il bebè sia arrivato al mondo. C’è sempre tempo per farlo, anche dopo il suo arrivo, mano a mano che crescerà e si presenteranno le varie necessità. Non ha senso, quindi, preparare delle liste nascita di lunghezza infinita.

Un esempio per capire: alcuni negozi arrivano a proporre dei veri e propri cataloghi regalo con quasi 100 articoli!
I bambini sono tutti diversi, così come anche le mamme e le famiglie lo sono perciò non ha senso riempire le case di oggetti che magari non serviranno mai.

Facciamo ancora una volta qualche esempio per capire meglio. Non è sensato acquistare un passeggino super costoso pensando che il bimbo ci passerà moltissime ore, se poi, invece, scopriamo che è più comodo per noi e per lui essere trasportato in un pratico e comodo marsupio. Allo stesso modo, non ha nessuna importanza acquistare un tiralatte, se non occorrerà mai fare scorte di latte materno.
Tutto questo, poi, non vale solo per i neonati, ma anche per i bimbi più grandini.

Cosa acquistare allora?
Gli articoli fondamentali, quindi sono davvero pochi: alcune tutine (ma attenzione a non esagerare perché i neonati crescono così in fretta!) e della biancheria intima, tanti bavaglini, pannolini (magari lavabili), delle salviettine, il necessario per il bagnetto, il seggiolino per l’auto, la carrozzina, la culla corredata da lenzuolini e copertine, e ben poco altro.

Fonte

Bebè a costo zero. Guida al consumo critico per accogliere e accudire al meglio il nostro bambino

L’infanzia dell’era del consumo

Altroconsumo

Bambini: educare all’amicizia

Bambini: educare all’amicizia

L’amicizia è un fatto imponderabile, indefinibile in tanti suoi aspetti, ma una cosa è certa, inizia a farsi vedere dai primi anni dell’infanzia e sa crescere a volte per tutta la vita.

Difficile dare una definizione, ma l’amicizia è un fattore che tutti conosciamo e di cui godiamo, un rapporto universale con alcune caratteristiche più o meno sempre presenti, come intensità, reciprocità e un aiuto a dirimere i problemi in modo pacifico, ma senza imposizioni.

Negli anni ’70 gli studiosi dello sviluppo tendevano a negare la capacità dei bambini di creare relazioni significative amicali, ponendo quelle con la madre come principale e dominante. Per la psicanalista Susan Isaacs i rapporti fra bambini erano solo derivanti da un approccio egoistico.

Studi recenti come quelli di Baumgartner e Bombi (2005) sembrano ribaltare la prospettiva affermando che fra i 3 e 6 anni i bambini sanno già costruire rapporti con i coetanei senza la mediazione di un adulto.

L’amicizia cambia con le fasi della vita. Dai 3 ai 5 anni l’amico è sempre momentaneo, una sorta di avversario con cui si instaura una tregua di gioco, secondo le teorie di Rubin del 1998, ma il rapporto si interrompe se mancano le condizioni sicure.

Per gli adulti l’amicizia è alla base di una formazione del carattere e del rapporto con gli altri, ma è un aspetto che si apprende da bambini, con la crescita dell’autostima e della percezione dei confini nelle relazioni.

Gli adulti possono formare il bambino all’amicizia, interagendo con lui in modo empatico e sano, aiutandolo a sviluppare bisogni e limiti e ponendosi come modello delle relazioni amicali, mostrando un buon comportamento nei rapporti di questo tipo fra adulti.

Possono anche svolgere il ruolo di facilitatori, invitando amici e candidati per appuntamenti di gioco. Inoltre possono svolgere un ruolo soft di arbitro, spingendo alla ricerca di una soluzione pacifica e con autocontrollo, ma senza dare un giudizio in ambiti che non sono di loro pertinenza.

Le amicizie sono anche il punto di partenza per creare una relazione con chi è differente, perché in assenza di preconcetti e tabù i bambini possono relazionarsi anche con compagni di strati sociali differenti, di nazionalità diverse, anche grazie ad un forte linguaggio non verbale che caratterizza giocoforza le loro prime amicizie, gettandole basi per diventare adulti stabili e capaci di interpretare i comportamenti di chi hanno davanti e di capirne bisogni esigenze e anche i limiti.

Fonti

Children’s friendships

Judy Dunn, 2006, L’amicizia tra bambini

Emma Baumgartner, Anna Silvia Bombi, 2005, Bambini insieme. Intrecci e nodi delle relazioni tra pari in età prescolare

L’amicizia tra bambini: un valore importante

Cioccolato ai bambini, giusto o sbagliato?

Cioccolato ai bambini, giusto o sbagliato?

Il cioccolato è un alimento irresistibile, tanto per i grandi quanto per i bambini. Un quesito che, molto spesso, si pongono i genitori è se sia pericoloso o meno offrire del cioccolato ai propri figli piccoli e quando possono iniziare a concedere loro un assaggio di questa golosità.

La prima cosa da sapere è che questo alimento non andrebbe mai offerto prima dei due anni di età. Il motivo principale consiste nel fatto che il cacao è un alimento stimolante, in quanto contiene caffeina, sostanza assolutamente inadatta ai bimbi piccoli, perché potrebbe renderli nervosi e insonni.

Un’altra buona ragione per evitare di dare il cioccolato ai bambini sotto i due anni è che questo alimento può favorire il reflusso gastro-esofageo: un problema molto comune nei neonati e negli infanti. Si tratta di un disturbo che si manifesta con forti bruciori alla bocca dello stomaco e rigurgito acido, soprattutto quando si sta sdraiati, quindi durante il sonno.

Infine, c’è da considerare che il cioccolato, soprattutto quello al latte o bianco, contiene un’eccessiva quantità di zuccheri per un bambino e, in alcuni casi, può scatenare reazioni allergiche. Le anafilassi sono più comuni nel caso di cioccolato arricchito con ingredienti come le nocciole, le arachidi, le noci, la soia e il latte.

Tuttavia, pensare di privare del tutto un bambino della gioia del cioccolato, è altrettanto sconsigliato. Dopo i due anni, per esempio, si può cominciare a fare assaggiare ai propri figli il latte con il cacao, in quantità moderate. Somministrare il cioccolato in forma liquida, diluito nel latte vaccino o vegetale, consente al piccolo di soddisfare il palato ma riduce l’impatto glicemico sull’organismo.

Verso i tre/quattro anni è possibile fare assaggiare il cioccolato ai bambini, sempre con moderazione e nell’ambito di un’alimentazione sana, equilibrata, ricca e varia. Il cioccolato fondente è, tra i vari tipi di cioccolato, quello di migliore qualità: contiene pochi zuccheri e un’alta percentuale di cacao, fonte di minerali come lo zinco, il magnesio, il potassio, il calcio e il fosforo.

Inoltre, il cacao è ricco di flavonoidi e antiossidanti ed è un precursore della serotonina, l’ormone del benessere e del buon umore. I bambini, però, generalmente non sono particolarmente attratti dal fondente, che ha un gusto più intenso e deciso, ma dalla cioccolata al latte, bianca o con le nocciole.

Se il piccolo non ha particolari problemi di allergia o intolleranza può certamente godersi un pezzetto della sua cioccolata preferita ogni tanto. L’importante è che non diventi un’abitudine quotidiana ma solo un modo di festeggiare le occasioni speciali: la domenica, le feste, i compleanni o un evento conviviale in compagnia di parenti e amici.

Fonti

Children and food allergies. (n.d.)
Childhood nutrition.
Drinking flavored or plain Milk is positively associated with nutrient intake and is not associated with adverse effects on weight status in US children and adolescents.
What FDA learned about dark chocolate and milk allergies
Can chocolate be good for my health?

Quanto deve dormire un neonato?

I neonati, a differenza degli adulti, non sono ancora in grado di gestire correttamente il ritmo circadiano. Pertanto hanno bisogno di dormire anche di giorno, per un totale di 14/17 ore. Man mano che crescono, le ore di sonno necessarie al loro benessere diminuiscono progressivamente per assestarsi, attorno ai sei anni e quindi all’inizio della scuola primaria, attorno alle 7/9 ore di riposo esclusivamente notturno, più o meno come gli adulti.

Una premessa importante: ogni bambino è diverso e ha esigenze diverse, perciò occorre tenere presente che ogni indicazione relativa al numero di ore di sonno, è da considerarsi come indicazione di massima. La realtà concreta non aderisce a rigidi schemi, anche se questi possono fare da riferimento generale.

Finché si nutrono solo con latte materno o in polvere, i neonati generalmente fanno una poppata ogni 2/3 ore, quindi si svegliano ciclicamente seguendo il proprio ritmo alimentare. Non a caso, i primi mesi di vita di un bambino sono anche i più impegnativi per i genitori, che sono costretti a svegliarsi di notte diverse volte per poter nutrire il piccolo secondo le sue esigenze.

Con lo svezzamento le cose “migliorano“, in quanto i cibi solidi donano un senso di sazietà più lungo e, di conseguenza, il piccolo comincerà ad avere un ritmo di sonno/veglia più regolare. A partire dai 6/8 mesi, infatti, la maggior parte dei bambini è in grado di dormire 10 ore continuative di notte con due sonnellini diurni, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio.

Questo schema può essere considerato ideale fino ai 3 anni, quando il piccolo inizierà a frequentare la scuola dell’infanzia. A quel punto il ciclo del sonno ideale del bambino prevede un riposo notturno di 11/12 ore e un sonnellino pomeridiano di 1/2 ore.

Oltre alla quantità del sonno, è importante controllarne anche la qualità... [SEGUE]

Le apnee notturne e  russamento nei bambini

Le apnee notturne e russamento nei bambini

Il tuo bambino russa molto oppure soffre di apnee notturne? Potrebbe trattarsi di apnea ostruttiva.

L’apnea ostruttiva del sonno avviene quando un bambino, di solito tra i due e i sei anni di età, smette brevemente di respirare durante il sonno per il restringimento o il blocco delle vie aeree superiori. La pausa nella respirazione può verificarsi molte volte durante la notte, interrompendo il sonno del bambino.

I muscoli della testa e del collo fanno sì che le vie aeree superiori non si chiudano. Quando un bambino si addormenta, questi muscoli tendono a rilassarsi, quindi a piegarsi e ad avvicinarsi tra loro. Se le vie aeree sono già parzialmente chiuse durante la veglia, addormentarsi può determinarne l’ostruzione totale.

Nei bambini, la causa più comune dell’apnea notturna sono le tonsille e le adenoidi ingrossate. Queste ghiandole si trovano nella parte posteriore e ai lati della gola. Una qualsiasi infezione può provocarne l’ingrossamento e, di conseguenza, bloccare brevemente le vie aeree durante il sonno. Altre cause possono essere, l’obesità, anomalie craniofacciali e disturbi neuromuscolari, la sindrome di Down e la sindrome di Pierre-Robin.

Russare è il sintomo caratteristico dell’apnea ostruttiva del sonno. E’ anche vero, però, che un bambino può russare senza avere problemi respiratori imputabili all’apnea. Altri sintomi da valutare sono: la respirazione con la bocca durante il sonno, tosse, sudorazione notturna, sonnambulismo, sonniloquio (parlare nel sonno), enuresi notturna (bagnare il letto).

I sintomi dell’apnea notturna non si limitano al periodo in cui il bambino dorme, ma estendono i loro effetti anche nelle ore diurne con conseguenze rilevanti sulla vita normale del piccolo.

Il bambino può, infatti, soffrire di sonnolenza diurna, difficoltà a concentrarsi, mal di testa e umore irritabile al mattino, difficoltà a controllare le emozioni. Addirittura possono riscontrarsi problemi comportamentali simili a quelli determinati dall’ADHD ovvero il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

I sintomi dell’apnea ostruttiva del sonno possono essere riconducibili anche ad altre patologie. È opportuno consultare il medico curante per una diagnosi precisa. La diagnosi e il trattamento tempestivo possono evitare complicazioni successive nella crescita e nell’apprendimento cognitivo.

Il trattamento partirà dalla causa dell’apnea e dipenderà dai sintomi, dall’età, dalla salute generale del bambino e dalla gravità della condizione. Può consistere, quindi, in un intervento chirurgico per rimuovere le tonsille e le adenoidi ingrossate; una dieta per fare perdere peso al bambino; l’uso di una maschera speciale che eroga un flusso d’aria costante per mantenere aperte le sue vie aeree; un intervento di espansione mascellare rapida messo in atto da un ortodontista tramite un dispositivo che allarga il palato e le vie nasali.

Fonti

Effectiveness of Adenotonsillectomy vs Watchful Waiting in Young Children With Mild to Moderate Obstructive Sleep Apnea

Linee guida nazionali per la prevenzione ed il trattamento odontoiatrico del russamento e della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in età evolutiva

Bambini e animali domestici: un binomio di successo

Bambini e animali domestici: un binomio di successo

Diversi studi forniscono prove a sostegno del fatto che prendersi cura di animali domestici sia un bene per la salute mentale e fisica dei bambini.

È importante scegliere un tipo di animale domestico adatto all’abitazione e allo stile di vita della famiglia. Inoltre, poiché i bambini molto piccoli (di età inferiore ai 3-4 anni) non hanno la maturità necessaria a controllare i loro impulsi, è opportuno tenerli sempre sotto controllo, per evitare che facciano inconsapevolmente del male all’animale.

Con la supervisione dei genitori, i bambini di età superiore agli 8 anni possono prendersi cura di cani e gatti anche da soli. I genitori fungono da modelli. I bambini, infatti,imparano ad accudire un animale domestico in modo responsabile osservando il comportamento dei genitori.

Crescere con un cucciolo aiuta il bambino ad avere fiducia in se stesso, a relazionarsi con gli altri e a sviluppare sentimenti positivi, come la compassione e l’empatia.

È importante fare alcune considerazioni sull’annosa convinzione che i cani e gatti possano essere causa di allergie infantili. Numerose ricerche sembrano provare esattamente il contrario: stare in contatto costante con un gattino o un cagnolino, potrebbe addirittura ridurre il rischio dell’insorgenza di allergie nei bambini.

Il professor Thomas Platts-Mill dell’Università della Virginia, specialista in allergologia, coadiuvato da colleghi svedesi, è arrivato a dimostrare che i bimbi che vivono insieme a gatti o cani (anche più di due) hanno fino al 77% in meno di probabilità di incorrere in diverse tipologie di allergie all’età di sei anni rispetto ai coetanei che, invece, vivono senza animali. Oltre alle allergie agli animali domestici, gli stessi bambini svilupperebbero, secondo lo studio di Platts-Mill, reazioni allergiche alla polvere e alle erbe in quantità notevolmente inferiore.

Uno studio finlandese, guidato dal dott. Eija Bergroth ha monitorato 397 bambini sin dalla nascita e fino al compimento del primo anno di vita. I bambini con cani in casa sono risultati più sani (nel senso che avevano manifestato meno sintomi o infezioni del tratto respiratorio) rispetto ai bambini senza contatti con cani.

Inoltre, i bambini che avevano contatti con il cane a casa manifestavano otiti meno frequenti e tendevano ad aver bisogno di meno cicli di antibiotici. Nell’analisi, la quantità settimanale e annuale di contatti con i cani è stata associata proporzionalmente a una ridotta morbilità delle malattie infettive respiratorie.

Questi risultati suggeriscono che i contatti con gli animali proteggerebbero i bambini dalle infezioni del tratto respiratorio durante il primo anno di vita. I risultati degli studi citati, pur derivati da semplici osservazioni e non da evidenze cliniche, possono tranquillizzare i genitori che già possiedono un animale domestico e stanno per avere un bambino.

Fonti

Chen CM et al. The role of cats and dogs in asthma and allergy–a systematic review.
Int J Hyg Environ Health. 2010 Jan;213:1-31

Ownby DR et al. Exposure to dogs and cats in the first year of life and risk of allergic sensitization at 6 to 7 years of age. JAMA 2002 Aug 28; 288:963-72.

Gaffin JM et al. Effect of cat and daycare exposures on the risk of asthma in children with atopic dermatitis. Allergy Asthma Proc. 2012 May-Jun;33:282-8.

Bergroth E et al. Respiratory Tract Illnesses During the First Year of Life: Effect of Dog and Cat Contacts. Pediatrics 2012; doi: 10.1542/peds.2011-2825.

Ospedale Bambin Gesù

Neonato: quando si può iniziare ad uscire

Molto spesso in ambito pediatrico esistono diversi punti di vista e scuole di pensiero, ma alla domanda se si può portare fuori il neonato, la risposta è nella stragrande maggioranza dei casi Sì.

Su internet si leggono spesso notizie infondate, che possono fare molto più danno di quanto ci si possa immaginare e ci si trova a dover rispondere a mamme che domandano se il neonato deve restare in casa per almeno un mese, perché l’hanno letto su qualche sito con la benché minima ombra di attendibilità.

Vediamo allora qual è Il parere dei pediatri in materia di uscite con il neonato.

Anne Hansen, MD, MPH, del Children’s Hospital Boston, dove ricopre il ruolo di Direttore Medico dell’Unità Neonatale di Terapia Intensiva, alla domanda se sia possibile portare i neonati fuori, ha immediatamente risposto che non ci sono problemi.

L’idea che i bambini debbano restare protetti in casa per alcune settimane dopo la nascita è semplicemente infondata. Basta che il neonato sia sano e non sottoposto a un regime medico in cui è stato esplicitamente detto di non portarlo fuori e seguire alcune semplici precauzioni di buon senso.

Ma come fare per le uscite col neonato? [SEGUE]

Il “Golden Minute” del Neonato

Il primo minuto di vita di un essere umano è definito Golden Minute ed è considerato in assoluto uno dei più delicati, in quanto possono rendersi necessari interventi davvero rapidi al fine di salvaguardare la salute e, in certi casi, la vita del neonato.


È dunque di fondamentale importanza che l’assistenza neonatale sia pianificata in ogni minimo dettaglio e che venga identificato un team leader incaricato di guidare le procedure.


Appena nato, al bambino viene immediatamente assegnato il cosiddetto punteggio di “Apgar”, che è utile per la valutazione globale del piccolo, mentre il cordone ombelicale viene clampato generalmente tra i 30 e i 60 secondi dalla nascita.


Se il neonato è nato a termine e possiede un buon tono muscolare, allora si passa ad un’assistenza di routine, ottenuta tramite il mantenimento della temperatura corporea, l’adeguata posizione della testa e il “disingombro” delle vie aeree, oltre alla valutazione del colorito.


Se invece il neonato è poco reattivo, non piange e non inizia a respirare autonomamente, oltre alle pratiche sopra descritte, si provvede alla stimolazione della pianta dei piedi o con manovre di strofinamento a livello del dorso o del tronco.

A questo punto, a 30 secondi dalla nascita… [SEGUE]